
Lunedì prossimo arriva in consiglio comunale la delibera relativa all'intervento di ristrutturazione e recupero del Palazzo delle Poste. Si tratta di un importante provvedimento, all'interno dell'area antica di Lecce di fronte al Castello, dall'iter travagliato. E che giunge al voto dell'aula, purtroppo, dopo lunghe e animate discussioni in commissione aventi come obiettivo quello di consegnare alla città il miglior progetto possibile all'interno del procedimento più trasparente e lineare.
Ciò in itinere all'applicazione del nuovo art.16 del Testo unico dell'edilizia come modificato dallo “Sblocca Italia”, che prevede varianti in deroga allo strumento urbanistico purché ne sia motivato l'interesse pubblico e venga garantito alle casse comunali adeguato plusvalore finanziario in aggiunta agli oneri previsti. Siamo infatti in presenza di un intervento architettonico su un bene storico avente più di 70 anni da poco ceduto ad un privato in un'area prospiciente il castello di Carlo V e che prevede la realizzazione di abitazioni lì dove c'erano uffici.
“Una concomitanza di situazioni che hanno imposto alla commissione urbanistica un supplemento di analisi, di studio, di confronti, di dibattito. Al quale non ho mancato di offrire il mio contributo”. Scrive sul profilo facebook di Lecce Città Pubblica Carlo Salvemini. “Animato da questo spirito – scrive l’esponente di centrosinistra – mi sono recato presso la Soprintendenza di Lecce per un approfondimento ulteriore. Ed esaminando il fascicolo relativo all'area del Castello ho avuto modo di scoprire che esiste un vincolo indiretto sul Palazzo delle Poste”. Che, sostiene Salvemini, non sarebbe stato recepito – cosi come previsto dal codice dei beni culturali (art. 45 comma 2) – dal PRG vigente. Col quale vengono imposte particolari prescrizioni nei confronti dell'immobile: su tutti l'esame preventivo da parte della stessa Soprintendenza di eventuali progetti di trasformazione o manutenzione.
Nella delibera non c'è riferimento al vincolo. Nella delibera non è richiamato l'esistenza dell'obbligatario parere. “Ho prontamente informato di questa novità il dirigente del settore urbanistica, architetto Maniglio, per invitarlo a svolgere un supplemento d'analisi al fine di incardinare la delibera sulla quale non mancano tuttora elementi di perplessità legati alla determinazione del plusvalore che il privato deve versare al comune all'interno di una robusta cornice di legittimità”.
"Fa pensare – conclude Salvemini – che dell'esistenza di un vincolo indiretto sul Palazzo delle Poste si sia dovuto fare carico un consigliere comunale e che e non gli uffici. Un provvedimento del 1983 non è stato riportato nelle tavole del PRG del 1989 e in quelle del PUG attuale. Una lacuna grave alla quale occorre rimediare. Un lusso che una città d'arte come la nostra non può permettersi”.