Ulivi infetti, task force per evitare il peggio


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Emergenza ulivi nel Salento. C’è un batterio pericolosissimo che imperversa nelle nostre campagne e sta provocando il rinsecchimento di migliaia di alberi d’ulivo secolari. La xylella fastidiosa, è questo il nome dell’agente patogeno, provoca l’imbrunimento del legno e ne debilita lo stato vegetativo. In particolare l’area già toccata dalla xylella è compresa in 8mila ettari ricadenti nei Comuni di Alezio, Racale, Melissano, Gallipoli, Ugento, Taviano e Parabita.

Un problema gravissimo che rischia di creare danni ambientali ed economici a livelli insostenibili. Conseguenze deleterie sulla qualità del paesaggio rurale, che nel Sud della Puglia è caratterizzato proprio dalla presenza degli ulivi secolari, sia sull’economia locale che in molti Comuni è alimentata dalla trasformazione delle olive in olio extravergine di alta qualità.

Per cercare di limitare quanto più possibile i danni, si è svolto in mattinata un importantissimo vertice (presso la sede distaccata della Regione a Lecce) in cui gli esperti dell’Osservatorio fitosanitario nazionale e quelli del servizio regionale hanno spiegato ai rappresentanti degli imprenditori le cause che hanno provocato il problema e le iniziative che devono essere attuate per contenere e contrastare il fenomeno ed evitare che si propaghi nelle aree circostanti. Al tavolo hanno partecipato, fra gli altri, Fabrizio Nardoni, assessore regionale alle Politiche agroalimentari; Francesco Pacella, assessore provinciale alle Politiche agricole; Antonio Guario, dirigente Osservatorio regionale fito patologico.

Una situazione insolita mai verificata prima d’ora. Ed è proprio per questa unicità e gravità dell’evento che bisogna intervenire immediatamente e cercare di non lasciare nulla al caso per fare tutto ciò che è possibile affinché si ponga un freno a questa terribile condizione. Non curare, ma prevenire. Non riversare le attenzioni sulle piante già contagiate ma cercare di salvaguardare quelle ancora sane. Il batterio agisce in maniera silenziosa ma letale. Si tratta di elementi fungini xilematici, lepidotteri rodilegno e del batterio Xylella fastidiosa che assorbe la linfa degli alberi e tramite la sua puntura può contaminare le altre piante circostanti. Per questo l’allarme è totale, tanto che gli esperti non hanno voluto dare nessuna assicurazione sulla buona riuscita dell’operazione. Solo ipotesi e possibili rimedi per la prevenzione e per cercare di bloccare la malattia, il contagio che potrebbe portare ad una situazione irreversibile. Una soluzione potrebbe essere il monitoraggio puntuale della zona in generale, partendo dalla zona maggiormente infetta.

Per semplificare questo monitoraggio la zona è stata divisa essenzialmente in quattro microzone che potrebbero (se individuate alla perfezione) garantire un intervento tempestivo e risolutore: zona focolaio, zona d’insediamento, zona tampone e zona di sicurezza.

La zona focolaio è composta da terreni in cui il problema esiste già ma non è esteso a tutti gli alberi e quindi si può ancora intervenire per salvaguardarla. In questa zona si potrebbero attivare programmi di ricerca per definire il comportamento della Xylella implementarne la diagnosi tecnica e definire il modo in cui operare. Gli obblighi sono quelli di estirpare le piante infette, bruciare la vegetazione di piccole dimensioni, disseccare la parte legnosa in sito prima della movimentazione, effettuare l’immediato monitoraggio per accertare l’incidenza delle infezioni, individuare le misure preventive con i Sindaci dei Comuni, le Asl e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree protette.
La zona di insediamento è, invece, quella zona ormai ampiamente compromessa in cui non si può più agire ed il batterio non si può più eliminare. In questa zona non bisogna sforzarsi troppo perché non si può far nulla ed è preferibile concentrarsi su altre zone. L’unica misura da prendere è il divieto di movimentazione al di fuori della zona di qualsiasi materiale potenzialmente infetto. C’è l’obbligo, inoltre, di mantenere la superficie coltivata e non libera da infestanti ed erbe spontanee.

La zona tampone è quella zona non ancora inficiata dal batterio ma che si trova pericolosamente vicina alle zone contagiate e bisogna solo agire subito per far sì che le zone malate non infettino quelle sane. Qui bisogna che ci sia un accurato monitoraggio, bisogna intensificarlo per individuare immediatamente qualsiasi sintomo e si deve cercare di distruggere immediatamente quelle piante che risulteranno infette.

La zona di sicurezza, infine, è quella zona franca che comunque deve essere tenuta sotto controllo per non far insediare il batterio.

Per cercare di non scatenare facili ed inevitabili allarmismi il presidente provinciale Copagri, Fabio Ingrosso dice: “Va sottolineato che solo le piante sono interessate e non l’olio. Non sono interessati, inoltre, agrumi e vite, pertanto è importante in questo momento fare sistema e la Copagri insieme alla As.c.o. (Associazione coltivatori olivicoli) metteranno a disposizione della Regione i propri tecnici che già operano nell’ambito del progetto comunitario sul miglioramento della qualità dell’olio d’ulivo”.