Quando il triplice fischio finale al Dacia arena ha incoronato il Napoli campione di Italia nelle strade e nelle piazze della città partenopea è scoppiata la festa. Era tutto pronto da mesi ormai per onorare il terzo scudetto, dopo 33 anni. Ogni vicolo, ogni quartiere era stato colorato di bianco e di azzurro, ogni cosa – dal caffè alla pizza – ‘ricordava’ la squadra di Luciano Spalletti, in lacrime per una vittoria conquistata meritatamente sul campo, e le vecchie glorie del passato, dentro e fuori dal rettangolo di gioco. Massimo Troisi, Pino Daniele …serviva l’aiuto di tutti per rendere reale il sogno.
Per un po’ i 50mila tifosi presenti allo stadio per assistere alla sfida dai maxi schermi sono stati con il fiato sospeso, ma a garantire ‘matematicamente’ il tricolore è stato un gol di Victor Osimhen che ha chiuso i giochi, anzi ha aperto i festeggiamenti che dureranno fino al 4 giugno, ultima gara di campionato.
Non è facile spiegare la gioia vissuta in una città che, piaccia o no, è unica. Sotto i lampi dei fuochi d’artificio hanno sfilato vecchi e giovani, famiglie e bambini, il centro si è animato di gente che ha cantato e ballato fino alle prime luci dell’alba. Auto, scooter e persino una nave hanno fatto il giro dei quartieri mentre gli spettatori riprendevano lo spettacolo dai balconi.
È successo di tutto in una Napoli piena di bellezza e di anima, anche una processione con le gigantografie dei campioni d’Italia. Senza dimenticare le preghiere al cospetto di San Gennaro per ringraziarlo. Perché la fede calcistica e quella religiosa si sono abbracciate, almeno per una notte.
Il primo coro e la prima dedica non poteva che essere per Diego Armando Maradona che aveva guidato la squadra azzurra alla conquista dei primi due titoli. Anche Claudia Villafane, ex moglie del fuoriclasse, ha pubblicato una storia con su scritto «il cielo è in festa». Per la città, il numero 10 è molto più di una stella.
Nessuno ha intenzione di andare a letto, perché aveva ragione il New York Times quando ha scritto: «Napoli non è più una città con una squadra di calcio. È una squadra di calcio con annessa una città». Ed è vero, Napoli ha dimostrato di essere una città unica, anche se il bilancio amaro dei morti e dei feriti ha rovinato una festa che sarebbe passata alla storia come quella conquistata sul campo.