Spesso le conferenze stampa del dopo partita sono superflue e insignificanti, momenti in cui si celebra il festival del banale o del deja vu. Non ieri, però.
Le dichiarazioni rilasciate al termine della gara Frosinone – Lecce sono gravi e per certi versi interessano più della stessa partita.
L’allenatore Lerda non riusciva a tenersi sulla sedia, il difensore Diniz ha pubblicamente riferito di aver ascoltato frasi inquietanti in un passaggio verbale udito in campo fra l’arbitro e un giocatore avversario, e infine il capitano giallorosso Miccoli ha detto chiaramente che non ci sta più a giocare in una categoria che sembra la bruttissima copia del calcio a cui era abituato.
In una cosa non sbagliano: il Lecce ha subito dei torti. Ma questo avviene dappertutto, è già avvenuto e avverrà ancora.
In un’altra cosa sbagliano: non ha alcun senso dire “noi siamo il Lecce”. Potremmo essere anche il Real Madrid… Se si gioca male è giusto perdere, se si commette fallo, è giusto prendere la punizione. E’ necessario insomma applicare le regole in maniera corretta. In maniera tanto corretta da non condizionare il risultato finale della partita che produrrà effetti sulla classifica finale del campionato. Ma vale anche viceversa.
La partita deve essere arbitrata secondo equità e verità, e non perché siamo il Lecce o la Paganese o il Barletta, ma perché lo sport ha le sue regole che devono essere rispettate da tutti , anche dall’’arbitro.
Non è giusto l’errore grave, e non è possibile passarci sopra, non è possibile che un giocatore debba essere espulso per un fallo che non c’era, né assegnare un rigore che non esiste. Mentre l’arbitro che lo fischia non subisce mai rigori o espulsioni.
Se fino a oggi è stato sempre così, adesso bisogna cambiare. Nessuno è al di sopra delle regole, nemmeno gli arbitri. E nessuno può pensare di esserlo. Non vale più l'aforisma di Vujadin Boskov, secondo il quale: "rigore è quando arbistro fischia".
E’ più giusto verificare subito con l’aiuto della tecnologia in campo ciò che accade in tempi e modi così repentini da trarre in inganno il più attento degli esseri umani, pur mosso da buona volontà. C’è da guadagnarci qualcosa? Si che c’é. Si guadagna in salute, evitando travasi di bile a più qualcuno, si evitano polemiche e risse per giorni e giorni e si impedisce la falsificazione della realtà. Si tutelano gli sforzi dei club e la credibilità degli arbitri.
Passerà ancora qualche tempesta, ma prima o poi si arriverà.
Sul fronte delle dichiarazioni di Fabrizio Miccoli, si apre un altro capitolo di riflessioni. Miccoli. Dopo aver giocato una vita in categoria superiori, si trova a confrontarsi con una realtà che al di là del piano nominale, concettualmente ha poco di professionismo. Ed è innegabile.
A ciò si aggiunge l’insostenibile leggerezza del pubblico. Specie di quello leccese, che curva nord a parte, e parte della Tribuna Est, non ha mai fatto sentire il suo calore allo stadio Via del Mare. Uno stadio troppo grande e vecchio. Uno stadio fatto per la serie A, e per contenere una passione lontana decenni.
Nelle ultime stagioni in serie A si facevano gli spettatori della C, in serie B nemmeno quelli, e oggi, in Lega Pro, lo stadio è vuoto, nonostante il Lecce stia facendo un bel campionato adesso.
“Allo stadio non c’è nessuno” ha detto Miccoli, “non so che ci sto a fare qui”. Miccoli era venuto a divertirsi per attaccamento alle origini, per amore della sua terra, “ma adesso si sente di doversi quasi ricredere”. Non possiamo dargli torto. Lo sfogo è legittimo. Come è legittimo sperare che il calcio a Lecce torni ad essere una grande avventura. E questo non dipende dagli arbitri, ma da tutti noi.