A pesca nel mare più blu. Del Salento i fondali più belli

Sempre fiorente in un territorio peninsulare l’attività di pesca, ma d’estate è boom di subacquei e dilettanti fra scogli a strapiombo, e isolotti, o comodamente adagiati in barca, circondati da mare e sole.

I pescatori subacquei esperti sanno che i fondali dei nostri mari sono suggestivi e travolgenti. Dal punto in cui l’Adriatico comincia a cedere il passo allo Jonio e si cominciano a intravedere scogli affioranti e scogliere alte, la cosa si fa davvero interessante.

A partire già dal litorale compreso fra San Cataldo e Torre Specchia, nel territorio del Comune di Vernole, e precisamente nel tratto antistante l’oasi naturale delle Cesine, i pescatori subacquei hanno sempre saputo che ci sono prede di un certo tipo che si possono catturare verso riva, complice anche la scarsa frequentazione delle spiagge a ridosso dei pantani della riserva. Cernie, spigole, saraghi sono gli avvistamenti più frequenti, mentre per la pesca al bolentino uno dei luoghi di culto resta da sempre la zona di secche antistante il torrione di torre Specchia, uscendo dal porto di san Foca verso nord di due miglia marine.

Altra meta prediletta dai diportisti il fronte mare tra Frassanito e Serra degli Alimini a un miglio e mezzo dalla riva ad una profondità di 70–80 metri.
Tornando ai sub, un luogo di pesca speciale è quello dei cosiddetti “cipuddhazzi” a circa 300 metri dalla spiaggia nel tratto antistante “canale zuccatu” fra San Foca e le prime case di Roca, su fondali di 15 metri. Uno spettacolo per gli occhi di quei fortunati pescatori che hanno forza e coraggio per sfidare le profondità.

Altra perla, Otranto, dove non a caso sono presenti centri diving specializzati nelle attività di perlustrazione sottomarina. A le Orte i fondali raggiungono la pienezza dell’offerta jonica e si tingono di avventura, peccato che non sempre siano incontaminati come vorremmo. Per gli amanti del vintage e gli appassionati della canna telescopica, le “poste” di capo d’Otranto sono le più ambite. Non esiste pescatore provetto che non abbia almeno una volta percorso il sentiero a strapiombo che segna il limite fra Adriatico e Jonio per cacciare aguglie e occhiate in quantità, prima che una sarpa non decida di spezzare filo e canna, come spesso avviene ancora.

Da Palascia e Sant’Emiliano pochi pochissimi frequentatori, ma con un mare così scuro e profondo è impossibile resistere, per giungere poi alle profondità inquietanti e magiche della grotta Zinzulusa a Castro.

Qui è fiorente la pesca al sarago, quello castrense è considerato una specie a sé, tra le più importanti del Mediterraneo.

Altra perla d’appostamento, su scogli affioranti con canna fissa o da lancio, è Tricase, dove la costa concede un tregua in termini di altezze e dove si può arrivare senza dover scendere o salire. Qui occhiate e saraghi un tempo non mancavano.

In barca il solito patrimonio ittico da tirare con la lenza, pesci dai curiosi nomi locali “capote”, “cannuli”, “ope” e “lappane”.

Non ce ne siamo accorti ma siamo arrivati a Leuca, dove in barca si va soprattutto per grotte. E i grandi fra i più grandi hanno anche pescato alla grotta dei Diavoli. Ma questa è tutta un’altra storia.



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