La cuddura di Pasqua, un dolce regalo d’amore


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A Pasqua, come tradizione vuole, la cucina delle case salentine si anima per sfornare quei manicaretti che finiranno a tavola nei giorni di festa. Uno dei dolci che non può mancare, insieme all’agnello in pasta di mandorle, è la cuddhura, una bontà benaugurale dai tanti nomi che si modificano da paese a paese. Non cambia, invece, il suo gusto genuino e la sua tradizione antica che si perde nella notte dei tempi. Come molte altre antiche tradizioni popolari, la cuddhura – dalla forma semplice (in genere un tarallo, un cestino, una colomba od una bambolina) – veniva preparata durante il periodo di Pasqua, come simbolo di rinascita, per essere assaporata con amici e parenti dopo i 40 giorni di digiuno.

La cuddhura

Realizzare con pochi e semplici ingredienti, la cuddhura era molto di più di un fine pasto da concedersi nel giorno della Resurrezione. Era un dono home-made, un segno di amore, affetto o buona fortuna. “Lu cadduzzu” (il tarallo a forma di gallo) veniva regalato agli uomini per simboleggiare la forza e la virilità. La pupa alle donne, come segno di affetto o buon augurio per la fertilità. “Lu core”, invece, veniva scambiato tra fidanzati come segno d’amore. E allora ecco come prepararlo, lasciando come ingrediente la fantasia. Non dimenticate l’uovo sodo come decorazione,rigorosamente in numero dispari.

Ingredienti (4 persone):

500 g di farina 00
200 g di zucchero semolato
200 ml di olio extra vergine di oliva
½ bustina di lievito (un tempo si usava l’ammoniaca)
3 uova
100 ml di latte, un limone
4 uova sode
codette colorate.

Procedimento:

Questo dolce, come detto, ha origini antichissime. La sua preparazione è legata all’uso dell’uovo durante i riti pasquali, un simbolo che propiziava rinascita ed abbondanza. Immancabile un tempo sulle tavole del giorno Santo, era considerato il dolce dei poveri, per questo, ha vissuto un periodo di declino in cui se ne è persa la produzione. Recentemente, per fortuna, questo dolce è stato rivalutato soprattutto per le sue caratteristiche caserecce.

La consuetudine vuole che venga regalato, un tempo le nonne lo regalavano alle nipoti (da cui la forma di bambolina con l’uovo in grembo augurava fecondità) i fidanzatini se lo scambiavano tra di loro, (il galletto per gli uomini e la pupa per le donne) e anche i parenti, dopo i 40 giorni di austerità si concedevano questi deliziosi cestini con al centro l’uovo.