
La ricetta della scèblasti di Zollino si perde nella notte dei tempi. La preparazione di questo antico pane condito, dal nome particolare, è stata tramandata di generazione in generazione, quasi fosse un segreto da custodire in famiglia, tra le mura domestiche. Somiglia ai pizzi, mpille o altri propotti tipici salentini, ma questa bontà, “senza forma”, ha anche il sapore della tradizione e della devozione. Si racconta che fosse usata come focaccia votiva, consumata per devozione nel giorno della festa di ognissanti, dell’immacolata o della festa di San Giovanni Battista, il 24 gennaio.
È ancora possibile gustarlo, com’era un tempo, quando veniva consumato dai contadini a colazione, appena sfornato alle prime luci dell’alba. Se in passato si offriva alla dea Demetra, divinità della semina e della campagna, per augurarsi un buon raccolto, oggi è un’eccellenza della cucina salentina, uno dei prodotti gastronomici locali più amati dai turisti.
Il pane “senza forma”, come suggerisce il nome griko (per altri deriva del greco ‘schizo’ – dividere – e ‘blastesis’ – crescenza, pasta lievitata), si trova nei menu di alcune trattorie della zona che lo propongono come “aperitivo” o “antipasto”.
Come detto, sembra un pizzo, ma basta guardare gli ingredienti per capire che non lo è. La differenza sta nel condimento: porri, pomodori, zucca, capperi e altri rimasugli di dispensa. Farina, acqua, lievito, olio e sale fanno il resto. L’impasto molle veniva posato su foglie di fico per evitare che si attaccasse alla pala e infornato, direttamente sulla pietra dei vecchi forni a legna.
Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la scèblasti nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT). A Zollino si organizza la “Sagra della Scèblasti” il 2 e 3 Agosto.
Immagine di copertina tratta dal profilo Facebook dell’evento dedicato a questa “focaccia” che racchiude tutta la genuinità della terra salentina.