Premio Terre del Negroamaro, resta il nome ma l’evento è un ‘fallimento’. Scoppia la polemica a Guagnano


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Mescolando arte, gusto e tradizione è riuscito a valorizzare il territorio e le eccellenze di questa terra, ma qualcosa nella raffinata kermesse che da anni va in scena a Guagnano non ha convinto il gruppo consiliare «Vite in Comune». Usano parole dure Francois Imperiale, Mimma Leone, Giusi Ricciato e Antonio Degli Atti per definire la nona edizione del «Premio Terre del Negroamaro», definito una “La Trahison des images”. Il francese addolcisce un po’ il concetto, ma non cambia il senso: urlano al “tradimento dell’immagine” i consiglieri che, in una lunga nota, puntano il dito contro l’evento che a loro dire ha perso forma, sostanza, identità e qualità, pur conservandone il nome.
 
«Il Premio di quest’anno – tuonano – è sembrato, a chi aveva occhi per guardare, più volto a curare le relazioni amical-sentimentali di qualche Assessore, piuttosto che rappresentare, come auspicato, il momento cardine di una strategia di marketing territoriale».
  
Senza giri di parole, è stato un «un clamoroso fallimento» e per dimostrarlo stilano un elenco delle cose che sono andate storte, già dalla prima serata.
  
«Era tangibile – si legge –  come la comunità guagnanese, che insieme all’identità territoriale e all’enogastronomia locale sarebbe dovuta risultare la legittima protagonista, fosse paradossalmente tagliata fuori, non solo per l’evidente distanza dal centro abitato (la location scelta quest’anno è il Sudestudio), ma anche a causa della latitanza di quell’empatia e coinvolgimento con il territorio che sarebbero rimasti assenti per le intere quarantottore».
  
Critiche anche per la decisione di affidare la lectio ad un Professore di Professore di Tor Vergata che «rimbalzata da un orecchio all’altro dell’esiguo numero dei presenti, apparendo più consona alle mura di un’aula universitaria piuttosto che alle sensibilità di una comunità contadina». «Si ha difficoltà a comprendere la scelta dell’Illustrissimo docente, pur avendo a disposizione fior di antropologi ed esperti di enoturismo presso l’Università del Salento, Ateneo storicamente legato al Premio, alla cui istituenda Facoltà di Enologia peraltro si è scelto quest’anno di assegnare il premio principale».
  
L’occasione per ristabilire il contatto con le finalità del Premio è stata disattesa anche il giorno dopo: «la serata del 18 agosto si è presentata senza struttura, senza contenuti, senza magia». Guai però a far passare il concetto che ‘sotto accusa’ ci siano anche le persone che hanno offerto volontariamente il loro contributo e senza le quali non si potrebbe nemmeno parlare del Premio. «È necessario scindere il lato emotivo da quello organizzativo – continuano – e occorre avere l’onestà intellettuale di ammettere che la nona edizione del Premio Terre del Negroamaro ha segnato un clamoroso fallimento sul minuscolo, meglio inesistente, calendario dell’estate guagnanese, nonostante le ingenti risorse economiche destinate allo stesso, con un impegno di spesa di 54.000 euro di risorse pubbliche».
  
Ma sono tante le note stonate: «la partecipazione di aziende di assoluta qualità non appare idonea a celare la assenza di quelle attività locali che, dotate di altrettanto profilo e lustro, continuano a non comparire nel percorso enogastronomico ormai da diverse edizioni». E ancora: intere strade sono rimaste vuote o al buio, l’assenza di espressioni artistiche e di un’idea di bellezza e magia legate al territorio, inesistenti fuochi di spettacolo raffinati e suggestivi.
  
Ma l’emblema del fallimento di questa edizione del Premio a detta dei consiglieri è stata la scellerata ed avvilente gestione del luogo simbolo della tradizione del territorio, il Museo del Negroamaro, interdetto al pubblico fino ad una certa ora e poi relegato ad espressioni artistiche meglio contestualizzabili in tutt’altro luogo, completamente slegate sia dalla forte simbolicità del luogo in termini di storia e tradizioni.
  
«E non si può ignorare lo scenario di cittadini bloccati dalla security addetta a selezionare gli spettatori prenotati, frutto di una scelta che, sebbene orientata all’ordine ed all’incolumità di tutti, ha ulteriormente frammentato quel sacrosanto concetto di comunità».
 
Anche il paracadute dei numeri, questa volta, non è in grado di salvare il volto del Premio, apparso stanco, invecchiato e privo di passioni.
  
«Privato del suo significato – concludono –  il Premio Terre del Negroamaro è destinato a fallire ancora, fino a scomparire. Nessuno vorrebbe assistere a questo inaccettabile decorso, soprattutto chi di quell’evento è stato mente e cuore, braccia e sudore, o anche ‘solo’ occhi, stupore e meraviglia.  Il Premio è di tutti noi, esprime l’orgoglio e narra la storia dei cittadini, è il biglietto da visita più bello che abbiamo consegnato a chi ancora non ci conosceva, è una risorsa cui attingere per crescere ancora. Non è una ricorrenza da improvvisare. Non è una serata da confezionare. Non è un contenitore da riempire. Necessario, da parte dell’amministrazione, fare un passo indietro rispetto all’enormità degli errori commessi, e con umiltà cercare soluzioni concrete».