
Sembrava scomparsa, una di quelle tradizioni perse nella notte nei tempi perché nessuno si era premurato di tramandarle di generazione in generazione. E invece la “Caremma”, o “Quaremma” che dir si voglia, continua a rivivere in molti comuni del Salento. Basta alzare gli occhi per notare questa vecchina appesa su balconi o terrazzi, triste e malinconica, a ricordare a tutti che è tempo di penitenza e di sacrifici.
Per alcuni è la moglie del Carnevale o la mamma tant’è che spunta vestita di nero in segno di lutto il mercoledì delle Ceneri. Per altri rappresenta simbolicamente il periodo della Quaresima. E di simboli questo pupazzo fatto di stracci e paglia ne ha parecchi. Nella mano sinistra ha un fuso e la conocchia a testimoniare la laboriosità e che la vita scorre velocemente, nella destra un’arancia amara, come la sofferenza, nella quale sono infilzate sette penne di gallina. Una per ogni settimana di astinenza che precede la Pasqua, giorno in cui il simulacro viene bruciato, come una sorta di rito di purificazione.
C’è stato un tempo in cui la “Caremma” bruciava allo scoccare della mezzanotte, quando suonavano le campane per annunciare la Resurrezione.
Da Minervino di Lecce, dove la Caremma è diventata un evento di paese fino in Svizzera, grazie al gruppo “Il Salento in Svizzera” di Biancarosa Urso che, ogni anno, tramanda una delle più antiche e suggestive tradizioni salentine.
La Caremma comparsa a kanton Nidwalden è realizzata come sempre con del materiale di riciclo, mentre il viso è stato cucito interamente a mano.
La cosa importante è che la vecchia ‘strega’ si affacci ancora su balconi e terrazze, suscitando curiosità in chi non conosce la sua tradizione e nostalgia in chi è cresciuto con questo rito che fa parte della storia del Salento.