
Fin dal tempo dei Babilonesi, circa 3mila anni fa, si cerca di studiare le cause dell’epilessia, una delle malattie neurologiche più diffuse e che fanno più paura a causa dell’imprevedibilità con cui si manifesta. Non è facile per una persona “convivere” con la consapevolezza che nella propria vita ci possano essere dei momenti che sfuggono completamente al proprio controllo. Senza contare i limiti che ne derivano: dalla guida dell’automobile, allo sport, passando dal lavoro, solo citare alcuni esempi. Nonostante la strada sia ancora lunga, sono stati tanti i progressi fatti in questo campo eppure nonostante la razionalità scientifica sia riuscita a sfatare molte superstizioni, restano alcuni pregiudizi.
Progressi della medicina ben lontani dai «prodigi» terapeutici del tardo medioevo, quando a Otranto venne ritrovato un cranio, su 813 martiri massacrati il 14 agosto 1480 dalle milizie turche, guidate da Gedik Ahmet Pascià, crivellato da 16 fori che ha sempre affascinato curiosi e turisti. Il mistero è stato svelato da uno studio dell’Ateneo di Pisa. La polvere ottenuta dallo sbriciolamento delle ossa del cranio serviva a preparare ‘drink’ a scopo terapeutico, per guarire malattie come l’epilessia, l’ictus o paralisi. Un rimedio superato nel 18esimo secolo con lo sviluppo della medicina, ma che non cancella la credenza di poter curavare un gran numero di malati utilizzando parti del corpo dei cadaveri.
La chiave di volta per chiarire il mistero l’ha fornita l’analisi dei testi di storia della medicina: “I testi riferiscono l’uso di polvere di cranio umano come ingrediente per la cura dell’epilessia e di altri disturbi per i quali non esisteva una spiegazione razionale” ha spiegato la dottoressa Valentina Giuffra, autrice dello studio, pubblicato sull’importante Journal of Ethnopharmacology. “La testa – continua – era considerata la parte più importante del corpo umano, un capolavoro della creazione, depositaria di forze spirituali invisibili che si conserverebbero anche dopo la morte. A tal proposito alcuni autori del XVIII secolo suggeriscono proprio l’utilizzo dell’osso polverizzato di individui deceduti di morte violenta e non sepolti, come è appunto il caso dei martiri di Otranto.
Il «drink d’ossa» per curare l’epilessia e altri disturbi della mente, insomma, è la soluzione del caso delle reliquie custodine nella bellissima cattedrale di Otranto.