Il ricordo di Bud Spencer continui a vivere. Altrimenti ci arrabbiamo!


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Sapete perché sono così forte? Perché ho mangiato sempre banane!”, diceva tanti anni fa il protagonista dell’articolo che ci si appresta a redigere in uno dei suoi tanti successi cinematografici. Per tutti è stato il “gigante buono” del grande schermo. Nessuna generazione viene allo scontro quando l’argomento di discussione prende in esame le sue clip; non esiste persona che non abbia desiderato mangiare fagioli solo a osservarlo ingozzarsi davanti alla cinepresa; né tantomeno si nota nessuno, adesso, fregarsene altamente di quella naturale “sentenza” chiamata morte che l’ha colpito ieri sera, 27 giugno 2016, quando ancora l’Italia intera era impegnata nei festeggiamenti postumi alla partita Italia-Spagna. Una delle icone del genere “spaghetti western” (sebbene egli stesso abbia sempre preferito definirlo “comic western”) adesso divorerà per davvero con gli angeli quei gustosi piatti contenenti legumi e cipolla. Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, lascia davvero un gran vuoto nel cuore degli appassionati e dei fan; ma, in generale, di tutti noi, cresciuti sbellicandoci grazie ai suoi “cazzotti” che sgominavano band criminali e giri d’affari loschi durante le riprese.

Addirittura – basti pensare a veri e propri capolavori quali “Altrimenti ci arrabbiamo” o “Banana Joe” –, attraverso questo modo di recitare semplice, senza troppe espressioni facciali e scene spettacolari, il tipico villain (da quello che non voleva consegnargli la dune buggy rossa all’impresario intento a monopolizzare il commercio delle banane) diventava più divertente del personaggio principale nel momento in cui quest’ultimo gli appariva di fronte. Come dimenticare, ad esempio, il simpaticissimo “signor Torsillo” – interpretato dal grande Gianfranco Barra – lanciarsi dalla finestra pur di non incappare nelle grinfie dell’erculeo “Banana Joe”. Insomma, risultati straordinari, apprezzati dai giovani e dalle famiglie. Nonostante alcune risse – ovviamente finte, inscenate, provate e riprovate attraverso tecniche predefinite nelle quali lo schiaffo dava solo l’impressione di raggiungere il destinatario, poiché coperto da quell’onomatopeico “ciaf” – i genitori lasciavano guardare ogni singolo minuto del film ai loro figli. Perché in fondo anche i più piccoli capivano si trattasse di “gioco”, di risata.

Curiosità. Conoscete il motivo di questo originale nome d’arte? Un omaggio alla birra Bud e all’adorato Spencer Tracy. Il buon ‘Bud’ – chiamiamolo così, come lo conosciamo comunemente – oltre ad esser stato un ottimo sportivo (ben venti volte campione nazionale di nuoto), fu operaio, bibliotecario e segretario d’ambasciata. Conquistò  poi il ruolo di attore protagonista nel western ‘Dio perdona io no’ nel 1967, grazie a Giuseppe Colizzi. Qui avvenne l’incontro con Mario Girotti; o meglio, Terence Hill. Sarà l’episodio successivo, ‘Lo chiamavano Trinità’ (E.B. Clucher, 1970) a consacrare il successo dell’inedito duo, dando vita ad un infallibile cliché che si ripeterà per altre sedici volte. Ma la magia di Bud incanta pure in altre pellicole girate da “single”, dunque senza la presenza dell’attuale “Don Matteo”: “Uno sceriffo extraterrestre”, “Piedone”, “Lo chiamavano Bulldozer”, “Detective Extralarge”. Quante serate trascorse in compagnia di quel colosso dagli occhi timidi e piccoli. L’infanzia di molti coincide con la visione dei numerosi “pugni a martello” rifilati a qualche temerario sfidante che finiva sistematicamente appeso all’appendiabito o, nel peggiore dei casi, contro tavoli e sedie di un bar.

All’epoca si rideva così. Con gli sketch semplici e senza l’invasione del trash. Negli anni in cui i veri “Bomber” rimandavano all’immagine filmica di un ex pugile tornato sul ring per allenare il talentuoso “Giorgione”, e non alla gara in cui trionfa il miglior latin lover. Bud Spencer ha persino insegnato qualcosa. Utilizzare la propria forza per sopraffare gli altri è sbagliato; semmai occorre conservarla al fine di proteggere le persone a noi care. Un concetto quasi insistente, tambureggiante pellicola dopo pellicola, e la maggior parte delle volte abbastanza assimilato dagli spettatori. Salutarlo mediante un semplice “grazie di tutto” sembra piuttosto riduttivo.

Ora, però, poco importa del passato. Serve vivere bene gli attimi presenti. I palinsesti televisivi continuino a trasmettere gli episodi in cui Bud abbatteva cattivi e furbetti. Certo, non colmerà quel senso di impotenza davanti alla sua improvvisa scomparsa, ma quantomeno continuerà a farlo vivere nei sorrisi delle prossime generazioni.

Altrimenti? Beh, altrimenti ci arrabbiamo. Ciao Bud.