In Puglia troppa disparità di genere. Cisl: “Necessario approccio sistemico”


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Tasso di disoccupazione maggiore, stipendi inferiori, a parità di titolo di studio e mansione. Sono tanti gli indicatori che dimostrano come la disparità di genere sia ancora accentuata in Italia, con la forbice tra le condizioni dell’uomo e della donna che non si misura solo in dati e percentuali, ma anche nella difficoltà delle donne di conciliare lavoro e vita privata a causa di retaggi culturali e disposizioni legislative che le costringono a gestire in autonomia le faccende domestiche.

Anche la Puglia risente di una diseguaglianza generalizzata. Testimone il tasso di mancata partecipazione al lavoro, che riflette l’ampiezza del divario: 38.7% per le donne a fronte di quello maschile che si attesta al 24.2 %, con una impennata del gap al 14.5% nel corso dell’ultimo anno. Ma anche i dati raccolti da Arti (Agenzia strategica Regionale Puglia per Tecnologia e Innovazione), che evidenziano come la Puglia ricalchi il paradosso italiano con cui si attesta che, a fronte di una maggiore preparazione in termini di titoli conseguiti, le donne fanno più fatica a inserirsi nel mercato del lavoro.

È proprio a causa del riconoscimento di un’accentuata disparità di genere – e nel solco di politiche di ripristino, o istaurazione, di una eguaglianza di genere richieste dall’Onu e dalla Ue – che la Puglia ha approvato L’Agenda di Genere, un documento programmatico articolato in sei aree tematiche e per un totale di 60 linee di intervento finalizzate a rimuovere il gap tra uomini e donne. Un plauso per questa iniziativa arriva dalla Cisl. Che, tuttavia, rimarca al contempo la necessità di inserire la rimozione delle disparità in un quadro di riforme mirate allo sviluppo sociale ed economico.

Anche nel nostro territorio a pagare il prezzo più alto sul fronte occupazionale sono state proprio le donne, vittime delle iniquità del sistema sociale, ma anche della fragilità del sistema economico, afferma il segretario generale della Cisl, Ada Chirizzi. “Un quadro complesso che può trovare soluzione nel rafforzamento delle politiche di genere solo a condizione che esse siano prerequisiti per politiche di sviluppo sociale e del sistema economico, secondo gli indirizzi del nuovo strumento introdotto dalla Commissione Europea, il Gender Procurement, che vede un sempre più stretto raccordo tra lavoro, sviluppo e parità di genere. Un tema di particolare attualità in quanto inserito anche all’interno del PNRR come condizione premiale dei piani di sviluppo e riforma”.

Secondo il segretario della Cisl l’orizzonte deve essere quello di un approccio sistemico, con interventi direzionati su più livelli. “La conciliazione – afferma Chirizzi – non può fermarsi alle mura del luogo di lavoro, ma deve permeare il territorio secondo logiche di sincronia tra tempo della città e tempi di vita, tra bisogni delle famiglie e sistema dei servizi. Diverse le sperimentazioni dell’ultimo decennio, a partire dai Patti territoriali di Genere che hanno, però, solo in alcune sporadiche realtà lasciato traccia e frutto. Il successo di questi strumenti è strettamente legato a due variabili imprescindibili: l’integrazione tra tutte le misure con pari finalizzazione oggi in campo, a partire dal recente e rilevante incentivo destinato all’assunzione da parte delle cooperative sociali di donne vittime di violenza di genere, e una governance partecipata ed inclusiva che riconosca e generi le reti di comunità attivate”