33enne freddato con tre colpi di pistola nel centro di Casarano. Ascoltato l’imputato


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Volge al termine, il processo sull’omicidio di Antonio Amin Afendi, ritenuto dagli investigatori un personaggio di spicco della criminalità organizzata del Basso Salento e freddato nel marzo del 2024, con tre colpi di pistola nel centro di Casarano (era già scampato in precedenza ad un agguato). È stato ascoltato, questa mattina, Lucio Sarcinella, l’assassino reo confesso di Afendi.

L’imputato è stato sentito nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, davanti alla Corte d‘Assise di Lecce (presidente Pietro Baffa). Va detto che nelle scorse settimane, Sarcinella ha ottenuto gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, per motivi legati alla difficile condizione e gestione familiare.

Nel maggio scorso, la Corte di Cassazione aveva rinviato gli atti al Riesame, dopo che quest’ultimo aveva respinto (in linea con quanto stabilito dal gip Anna Paola Capano) la richiesta dei difensori di concedere a Sarcinella una misura cautelare meno afflittiva.

Il tribunale del Riesame, questa volta, ha accolto  il ricorso dei suoi legali, gli avvocati Simone Viva e Giuseppe Presicce.

Ritornando al processo odierno, i pm Giovanna Cannarile e Rosaria Petrolo, gli hanno chiesto cosa fosse accaduto, quel 2 marzo del 2024 ed egli ha spiegato a proposito di Afendi: “Eravamo amici e non ho mai compreso la sua rabbia”. Ed ha raccontato: “Mi è arrivata una chiamata, era mia moglie che diceva che Afendi gli aveva fatto il gesto… di tagliarle la gola. Io le dissi di entrare subito nel supermercato”. Ed il pm gli ha domandato: “Cosa ha fatto da quel momento?”. E Sarcinella ha risposto di essersi diretto con la macchina per recuperare la pistola in un nascondiglio, insieme all’amico Andrea Sabato, ignaro di tutto (già assolto dall’accusa di detenzione d’arma) ed ha aggiunto: “Quando ho preso l’arma, lui cercava di farmi ragionare… svoltai a destra e d’istinto ho dato per scontato che Afendi era sotto i portici in quel momento è uscito dal bar e si stava accendendo una sigaretta … Ci siamo guardati per un istante… io avevo la pistola poggiata tra i piedi e gli ho fatto il segno… vieni vieni…. Lui ha buttato la sigaretta e si è avvicinato con aria minacciosa e gli ho detto la famiglia non c’entra niente, veditela con me … lui ha fatto il gesto di infilarsi la mano nel gilet e in quel momento ho preso la pistola e sparato il primo colpo… lui non si è mosso e sceso dall’auto e gli ho sparato altri due colpi… è caduto a terra e aveva gli occhi aperti e l’ho guardato… mi sono rimesso in macchina e ho detto, torniamo a casa”.

È stata poi ascoltata, come teste della difesa, l’amica della moglie di Sarcinella che ha dichiarato in aula: «Stavamo andando verso il supermercato… Afendi ci fece il gesto con la mano di tagliare la gola…».

La prossima udienza, fissata per il 12 febbraio, vedrà l’ascolto dell’avvocato Mario Coppola, indicato dai testimoni, come persona che si trovava nei pressi del luogo dove si sono svolti i fatti, ma prima che avvenisse l’omicidio. La requisitoria dei pm è prevista, invece, il 17 marzo

In una scorsa udienza, la Corte d‘Assise ha respinto la richiesta di rito abbreviato dei suoi legali. L’istanza era stata presentata nel caso in cui fosse venuta meno l’aggravante contestata e potrà essere reiterata.

I fatti risalgono alla mattinata del 2 marzo dello scorso anno, verso le 11, quando Antonio Amin Afendi, soprannominato “L’Immortale” venne avvicinato da Lucio Sarcinella, che era a bordo di un auto. E venne colpito all’addome ed al torace, nei pressi di un bar pieno di gente, nel centro del paese, con tre colpi di revolver.

 Il 29enne, finito in carcere per omicidio (ora ai domiciliari con braccialetto), dichiarò di avere sparato, poiché esasperato dalle continue minacce rivolte alla famiglia, pur escludendo di avere agito con premeditazione.

Nei giorni successivi all’omicidio ci fu il blitz “Fortezza” dei carabinieri che portò a 13 arresti a Casarano  per droga e armi. Tra gli indagati compariva anche il nome di Afendi, 33enne del posto, visto che l’inchiesta faceva riferimento a fatti precedenti all’omicidio del 2 marzo.

Nei giorni scorsi c’è stata la sentenza del gup Anna Paola Capano che si è conclusa con oltre un secolo e mezzo di carcere per i 29 imputati.