77enne deceduta dopo avere iniziato la chemio. Aperta un’inchiesta. Otto indagati


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Ci sono otto indagati per la morte di una 77enne del Basso Salento, deceduta in ospedale a Lecce il 30 settembre scorso, dopo avere iniziato la chemioterapia.

L’iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto in vista dell’autopsia prevista nella giornata di oggi.

I risultati dell’esame autoptico, eseguito dal medico legale Roberto Vaglio, che sarò affiancato dall’anestesista Silvio Colonna, si conosceranno nei prossimi mesi. Bisognerà verificare le cause della morte della paziente ed eventuali imperizie e negligenze da parte del personale medico che l’ha avuta in cura.

Otto persone, tra medici ed infermieri, rispondono delle ipotesi di reato di omicidio colposo e responsabilità colposa per morte in ambito sanitario.

Gli indagati sono assistiti dagli avvocati Gianluca D’Oria, Viola Messa, Francesco De Iaco, Giuseppe Minerva, Egidio Albanese, Giuseppe Dello Russo, Michele Macrì.

L’inchiesta, coordinata dal pm Alessandro Prontera, ha preso il via dalla denuncia dei familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Dario Paiano, che chiedono alla magistratura di fare chiarezza sulla morte della 77enne.

In base a quanto riportato in denuncia, nel mese di agosto scorso, alla signora veniva diagnosticato un mieloma, a seguito di esame eseguito al “Vito Fazzi”. E dopo una serie di accertamenti, anche di tipo cardiologico, iniziava il ciclo di chemioterapia, il 30 settembre scorso,  presso lo stesso ospedale. Sempre come riportato in denuncia, intorno alle 11:30, le veniva somministrata una sacca per endovena, in vista della chemio che iniziava un’ora dopo. Verso le 13:20, però, il personale medico allertato da quello infermieristico accertava che il quadro clinico della 77enne risultava compromesso, poiché la paziente manifestava dei problemi respiratori.

La terapia veniva interrotta e veniva somministrata una dose di cortisone ed in base a quanto sostenuto in denuncia, la signora veniva lasciata sola con la figlia, la quale si accorgeva di un ulteriore aggravamento delle condizioni della madre.

E una volta giunto in reparto il personale sanitario, la figlia veniva fatta allontanare e iniziavano le manovre di rianimazione che risultavano vane.

Inoltre, la denunciante, in un’integrazione di querela sostiene che un operatore, rivolgendosi ad un infermiere chiedeva l’intervento di un rianimatore, ma questi rispondeva che non sapeva dove poterlo reperire. E solo dopo una ventina di minuti sarebbe giunto un altro operatore per eseguire le manovre di rianimazione.