La Procura leccese chiede la condanna di tutti gli imputati nel processo per i presunti abusi edilizi a Porto Miggiano, una delle località più suggestive della costa adriatica, situata a Santa Cesarea Terme.
“Bisogna fermare questo disastro ambientale e il crollo della falesia”
ha sottolineato la dr.ssa Mignone in merito ai presunti danni ambientali.
La Pubblica Accusa, nel corso della requisitoria, ha sottolineato che il “progetto doveva basarsi sulla messa in sicurezza ed era soggetto a prescrizioni”.
Il pm ha aggiunto che “è stata privilegiata una maggiore fruibilità del territorio e ricettività con maggiore pericolosità, per i bagnanti” e inoltre “è stato deturpato irrimediabilmente un monumento naturale“.
Il pubblico ministero Elsa Valeria Mignone, innanzi al giudice monocratico Pasquale Sansonetti della seconda sezione penale, ha invocato la condanna per nove persone.
Le richieste
Nello specifico, in considerazione delle attenuanti generiche, sono state chieste una serie di contravvenzioni: 1 anno di arresto per l’ex sindaco di Santa Cesarea Terme, Daniele Cretì, 51enne del posto e l’architetto Francesca Pisano, 48, di Tricase, nel ruolo di collaudatore dell’opera; 8 mesi di arresto per i progettisti Antonio De Fazio, 65enne, di Bologna, Mario Rotolo, 61enne di Monopoli, Giovanni Bosco, 59 anni, di Palermo; Francesco Leo, incaricato della progettazione dell’opera e Maria Grazia Doriano, 37 anni, di Vico Equense. Sempre 8 mesi per il direttore dei lavori Daniele Serio, 52, di Lecce, l’amministratore della Cem (esecutrice dei lavori) e il dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Santa Cesarea Salvatore Bleve, 61 anni, di Santa Cesarea Terme. Il pm ha anche chiesto un’ammenda di 30 mila euro per l’ex Sindaco Cretì e di 25 mila per tutti gli altri imputati.
Invece, il pm ha chiesto l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”, per il funzionario dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica, Luigi Stanca, 56 anni, di Soleto.
Subito dopo ha discusso il difensore del Ministero dell’Ambiente, costituitosi parte civile nel processo, chiedendo un risarcimento di 500mila euro. Non solo, anche Legambiente Onlus si è costituita parte civile, invocando un risarcimento di 100mila euro.
Subito dopo, hanno preso avvio le arringhe difensive dei legali degli imputati.
Le accuse
Le accuse, a vario titolo, sono quelle di “illegittimità del permesso di costruire”, “distruzione e deturpamento delle bellezze naturali” e falso ideologico in atto pubblico (soltanto per Francesca Pisano). Già prima del processo odierno, era stata stralciata la posizione di Lucia Di Lauro, funzionaria dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica, per la quale era stata chiesta l’archiviazione.
Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati Luigi Rella, Francesco Galluccio Mezio, Stefano De Francesco.
I vari reati sarebbero stato compiuti in un’area sottoposta a molteplici vincoli, essendo l’area inserita nel Sic Otranto-Santa Maria di Leuca, dell’Important Bird Areas 147 e del Parco regionale Otranto-Bosco di Tricase.
I consulenti della Procura, Dino Borri e Giuseppe Tommasicchio, hanno rilevato nel corso delle indagini preliminari, varie irregolarità. I lavori eseguiti a Porto Miggiano con tre milioni di euro di fondi pubblici, tra cui una diga marittima, per la messa in sicurezza del costone roccioso e per creare una piattaforma destinata ai bagnanti, sarebbero stati, solo sulla carta secondo i magistrati inquirenti Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro, indirizzati a questa finalità, poiché avrebbero avuto un effetto contrario.
La falesia – secondo le conclusioni della Procura – sarebbe stata irreparabilmente deturpata, provocando un pericoloso incremento dell’instabilità idrogeologica.
Gli imputati, a vario titolo ed in diversa misura, inoltre, si sarebbero adoperati per realizzare “una rozza spianata” all’apparenza da adibire a parcheggio sul terrazzo, sovrastante la discesa a mare. Tutti questi interventi fortemente impattanti, sarebbero stati effettuati, secondo l’accusa, senza interpellare l’Ufficio Demanio della Capitaneria di Porto di Gallipoli e in assenza del nulla-osta rilasciato dalle Autorità preposte al vincolo.
Nella prossima udienza continueranno a discutere i difensori degli imputati.