Sul banco degli imputati compare anche monsignor Mauro Carlino, di origini salentine, nell’ambito del processo sullo scandalo in Vaticano su alcune operazioni finanziarie sospette fra Roma e Londra che si è aperto, questa mattina, nella sala polifunzionale dei Musei Vaticani, allestita per l’occasione ad Aula di Tribunale.
Mauro Carlino, 45enne originario di Lecce, già capo dell’ufficio informazione e documentazione del Vaticano e segretario dell’ormai ex cardinale Angelo Becciu (anche lui sotto processo) era presente in aula assieme a quest’ultimo.
Dinanzi al collegio giudicante composto dal Presidente Giuseppe Pignatone e dai giudici Venerando Marano e Carlo Bonzano, nel corso di una udienza-fiume durata oltre 7 ore, sono state affrontate alcune questioni preliminari. Il collegio si è riservato, rinviando l’udienza al 5 ottobre.
Il legale di Carlino, l’avvocato Salvino Mondello del Foro di Roma, ha chiesto la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per le accuse di estorsione e abuso d’ufficio, poiché i due reati non erano mai stati contestati nel corso delle indagini preliminari. La difesa, inoltre, si è opposta alla costituzione di parte civile dello Ior, ma non a quella della Segreteria di Stato.
L’avvocato Mondello, a margine dell’udienza afferma: “Carlino è estraneo ai fatti e il processo lo dimostrerà. Il Tribunale ha mostrato serietà ed attenzione, poiché ha dato un termine congruo alle difese per formulare le varie istanze ed alla pubblica accusa per sollecitare gli atti mancanti”.
L’inchiesta
Nello specifico, Carlino è imputato per estorsione in concorso, con altri imputati tra cui, il broker, Gianlugi Torzi. Quest’ultimo, “incutendo timore di gravi danni agli averi della Segreteria di Stato”, avrebbe costretto a seguito di una lunga trattativa con vari emissari della stessa Segreteria (tra cui Carlino) a richiedere di farsi mettere a disposizione gli importi di 10 milioni di euro e di 5 milioni di euro, giustificati con due fatture di operazioni finanziarie inesistenti.
Non solo, Carlino, secondo l’accusa, risponde di abuso di ufficio. Sempre in concorso, avrebbe abusato dei suoi poteri “per far ottenere un indebito vantaggio a Gianluigi Torzi, dopo aver avuto notizia dell’esistenza di un’operazione che per natura complessità, rilevanza dell’importo e tipologia dei soggetti coinvolti, doveva considerarsi sospetta”. Non solo, poichè gli imputati “omettevano di denunciare il tentativo, prima e la consumazione, poi, dell’estorsione commessa da Torzi”.
Per arrivare a rinviare a giudizio i 10 imputati è stato necessario avere l’ok di Papa Francesco, sulla base di una nuova normativa introdotta proprio da lui.
Lo scandalo vaticano è iniziato dall’acquisto gonfiato di un immobile a Sloane Avenue a Londra. Secondo gli inquirenti, “è stata realizzata dai gestori del fondo per le elemosine una consistente rivalutazione contabile dell’edificio”. Le indagini sono state condotte dai Promotori di Giustizia dello Stato Vaticano, Gian Piero Milano, Alessandro Diddi e Gianluca Perone che hanno poi avanzato la richiesta di citazione a giudizio accolta dal tribunale Vaticano, sono state avviate nel luglio 2019 dopo la denuncia dell’Istituto per le Opere di Religione e dell’Ufficio del Revisore Generale.
Nelle carte dell’inchoesta si fa riferimento anche ad un misterioso incontro avvenuto a Londra, tra monsignor Mauro Carlino di origini salentine ed il broker molisano Gianluigi Torzi, per imprimere un’accelerata alla definitiva acquisizione del palazzo a Sloane Avenue al patrimonio della Santa Sede, finita sotto la lente dei Promotori di Giustizia dello Stato Vaticano. È il retroscena che emerge nella richiesta di emissione del decreto di citazione a giudizio, accolta dal Presidente del Tribunale Vaticano. In base a quanto sostenuto dagli inquirenti: “è stata realizzata dai gestori del fondo per le elemosine una consistente rivalutazione contabile dell’edificio”.