Una bancarotta di oltre tre milioni di euro e per l'imprenditore vinicolo Marco Maci arriva la condanna a cinque anni di reclusione.
Il collegio della seconda sezione penale (Presidente Pasquale Sansonetti, a latere Annalisa de Benedictis e Marcello Rizzo) ha disposto nei confronti del 50enne di Cellino San Marco, anche dieci anni di interdizione a svolgere attività commerciale, quella "perpetua" dai pubblici uffici e l'interdizione legale per la durata della pena.
Inoltre, la condanna al risarcimento danni di tre milioni e 500 mila euro in favore della curatela fallimentare, costituitasi parte civile attraverso il legale Fernando Pagliara.
Marco Maci è invece difeso dall'avvocato Tommaso Savito, il quale ha invocato l'assoluzione per il proprio assistito. Quest’ultimo, dopo il deposito delle motivazioni della sentenza (tre mesi il termine indicato dai giudici), dovrebbe presentare ricorso in Appello.
L'imputato rispondeva dei reati aggravati e continuati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, ed il pubblico ministero Donatina Buffelli, titolare dell'inchiesta, aveva invocato la condanna a 6 anni.
Secondo l'accusa, Maci a capo dell'azienda che portava il suo nome (con sede a Campi Salentina) avrebbe distratto oltre tre milioni di euro, per non pagare i creditori. La "Marco Maci srl", gestita dall'imputato (dal 5 aprile 2007 fino al 30 aprile del 2009) nelle vesti di amministratore unico e successivamente come amministratore "di fatto", fu dichiarata fallita dal Tribunale di Lecce, il 16 gennaio del 2013. Il 50enne di Cellino San Marco, in base alle risultanze investigative degli uomini della Polizia Tributaria che hanno condotto le indagini, avrebbe distratto i beni verso altre due aziende a lui riconducibili: "La Mea" e la "Marco Maci C. sas".
Sarebbero quattro, in base alla tesi accusatoria, i movimenti delle somme di denaro "distratte ". I 946.300 euro finiti nell'anno 2007, dalla società fallita nelle casse della "Mea" attraverso bonifici bancari e poi circa 1 milione e 200 mila euro versati alla stessa azienda, nel 2008; poi 426.480 euro, sarebbero stati invece trasferiti alla "Marco Maci sas", nello stesso anno. Infine, nel 2008 la "Marco Maci srl" avrebbe ricevuto dalla "Mea", la cifra di 690mila e 300 euro sotto forma di finanziamento; somma poi restituita alla stessa Mea, negli anni 2008-2009.
Infine, l'accusa contestava il mancato ritrovamento di un Suv, indicato nelle scritture contabili. Quest'ultime, infine, sarebbero state predisposte al fine di non consentire la ricostruzione degli affari e del patrimonio della società fallita. Ciò sarebbe avvenuto attraverso vari artifici, come l'emissione di fatture false per notevoli importi, al fine di ottenere l'erogazione di mutuo e anticipazioni finanziarie dalle banche, con la conseguente esposizione di crediti inesistenti, aumento fittizio del patrimonio della società e minore esposizione di passività in bilancio.