Pastore albanese colpito a morte da un proiettile. La Corte d’Assise condanna l’imputato a 30 anni di reclusione


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Si conclude con la condanna a 30 anni di reclusione, il processo a carico di Giuseppe Roi, 41enne di Porto Cesareo, accusato della morte del giovane pastore albanese.

La Corte d’Assise (presidente Pietro Baffa, a latere Maria Francesca Mariano e giudici popolari), ha ritenuto l’imputato colpevole del reato di omicidio volontario con dolo eventuale.

Ed è stato diposto il risarcimento del danno in separata sede ed una provvisionale di 50mila euro, per ciascuno dei familiari della vittima, il 24enne Qamil Hyraj, che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Ladislao Massari e Uljana Gazidede. Inoltre, è stata disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

In una scorsa udienza, si è tenuta la requisitoria del pubblico ministero Carmen Ruggiero che ha invocato la condanna a 25 anni di reclusione.

Il pm ha affermato che: “è emersa la prova della responsabilità al reato contestato e che si è trattato di un gioco macabro per produrre un divertimento, impaurendo il povero Qamil”. Un gioco poi sfociato nel sangue, con la morte del pastore. Ed ha aggiunto il pm che: “L’omicidio non è stato frutto di negligenza, ma la cronaca di una morte annunciata”. Roi non ha agito nel dubbio ma nella certezza della presenza di Qamil. Era pronto a pagare il prezzo per la morte del pastore”.

Invece, l’avvocato Francesca Conte (legale di Roi assieme al collega Giuseppe Romano), nel corso dell’odierna arringa difensiva, ha chiesto l’assoluzione del proprio assistito e ha sottolineato come dalle risultanze dibattimentali sia emerso che l’intero impianto accusatorio si fondi su congetture e sospetti, privi di fondamento. Nello specifico, la difesa ha sottolineato come non vi siano prove  del fatto che Roi fosse sul luogo del delitto al momento dei fatti. E inoltre, non è stata accertata con sicurezza la tipologia di arma.

Una volta depositate le motivazioni della sentenza (entro 60 giorni), la difesa proporrà ricorso in Appello.

Occorre ricordare che nell’immediatezza dei fatti, il pm contestò a Giuseppe Roi il reato di omicidio volontario. Il collegio difensivo si oppose fin da subito, facendo riferimento agli esiti degli accertamenti balistici degli specialisti e chiese la riqualificazione del reato in omicidio colposo. L’istanza venne accolta dai giudici del Riesame e poi dal pm Giuseppe Capoccia (inizialmente titolare dell’inchiesta) ed infine dal gup al termine dell’udienza preliminare. In seguito, però, nel corso del dibattimento, il pm Ruggiero ritenne di ribadire l’accusa di omicidio volontario.

E in seguito si celebrò una nuova udienza preliminare, davanti al gup Edoardo DAmbrosio che rinviò a giudizio Giuseppe Roi per il reato di omicidio volontario.

Ricordiamo che, il 6 aprile del 2015, intorno alle 12:55, nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione, fu ritrovato il cadavere di un giovane pastore albanese, Qamil Hyraj. Il 24enne era stato ‘freddato’ da un colpo di arma da fuoco sparato ad altezza d’uomo. Sette mesi dopo, venne il suo datore di lavoro e amico, Giuseppe Roi, proprietario di un’azienda ovicola venne arrestato poiche accusato di avere sparato due colpi di pistola ad altezza d’uomo, uno dei quali si rivelò fatale. Il primo colpo come rivelato dai rilievi balistici effettuati, avrebbe trapassato l’elettrodomestico da parte a parte richiamando “l’attenzione” di Hyraj che, in quel momento, stava guardando il gregge. Il ragazzo si sarebbe voltato ed è lì che sarebbe stato raggiunto da un secondo colpo.