I giudici della seconda sezione collegiale (Presidente Pietro Baffa) hanno condannato L.R., 73 anni di Copertino, alla pena di 3 anni e 6 mesi per il reato di usura, con l’aggravante dello stato di bisogno della vittima e tentata estorsione. Nei confronti dell’imputato è stata disposta la confisca del denaro “incriminato”. Non solo, anche il risarcimento del danno (in separata sede) in favore della parte civile, assistita dagli avvocati Alessandro Dell’Atti e Giulio Insalata.
Il verdetto è giunto in giornata, dopo che il pm Alberto Santacatterina aveva invocato l’assoluzione per entrambe le contestazioni.
La richiesta era stata condivisa dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Anna Inguscio, che ha sostenuto l’insussistenza dei reati. Anche perché, già in fase d’indagine vi era stata una richiesta di archiviazione della Procura, a cui però seguì l’imputazione coatta disposta dal gip, che accolse l’opposizione dei legali della parte offesa.
Ad ogni modo, dopo il deposito delle motivazioni entro il termine di 90 giorni, il legale dell’imputato presenterà ricorso in Appello.
L’inchiesta
Secondo il pm Francesca Miglietta, nell’agosto del 2000, L.R. avrebbe prestato 20 milioni delle vecchie lire all’artigiano, in relazione ad operazioni inquadrabili nella categoria “altri finanziamenti alle famiglie e alle imprese”. E si sarebbe poi fatto consegnare, applicando un tasso d’interesse superiore al 1.000%: la somma di 10 milioni di lire per il 2001, 20mila euro nel 2003, 1.000 euro nel 2004 e 4.750 euro nel 2005. Non solo, anche alcuni beni mobili per un valore di 20mila euro e 10 assegni sottoscritti dal figlio della vittima, dell’importo di 1.000 euro ciascuno.
Infine, riteneva la Procura che l’imputato per ottenere gli interessi pattuiti, avrebbe minacciato l’artigiano, il fratello ed il figlio, dicendogli che gli avrebbe fatto saltare la casa e la macchina.