Arriva la condanna per una dottoressa accusata di avere “coperto” un tecnico radiologo, timbrando il badge al posto suo
Al termine del processo, il giudice monocratico Edoardo D’Ambrosio ha inflitto 1 anno ed 8 mesi di reclusione (pena sospesa) e 900 euro di multa ad R.S.M, 40enne leccese, per i reati di truffa aggravata e false attestazioni. L’imputata, all’epoca dei fatti Dirigente medico del reparto di radiologia dell’ospedale “Sacro Cuore di Gesù” di Gallipoli, è stata condannata per cinque episodi avvenuti tra gennaio e febbraio del 2018. Invece, per tutti gli altri è stata assolta con formula piena, “per non aver commesso il fatto”.
La sentenza del giudice prevede anche il pagamento di una provvisionale di 500 euro ed il risarcimento del danno in separata sede, in favore dell’Asl che si era costituita parte civile, attraverso l’avvocato Alfredo Cacciapaglia.
E poi, è stata disposta la confisca del profitto del reato, pari 279,65 euro.
La dottoressa, assistita dall’avvocato Tommaso Stefanizzo, potrà presentare ricorso in Appello, una volta depositate le motivazioni della sentenza (entro 90 giorni).
Invece, nel dicembre del 2019, era arrivata la condanna di F. R., 63enne di Nardò, nelle vesti di coordinatore dei tecnici sanitari del reparto di radiologia dell’ospedale di Gallipoli.
L’imputato aveva patteggiato ad 1 anno e 11 mesi di reclusione e 600 euro di multa, con sospensione della pena, dinanzi al gup Simona Panzera. Il giudice aveva accolto l’istanza dei suoi legali, gli avvocati Pierluigi Lagna ed Alessandro My, che avevano in precedenza “concordato” la pena con il pm Maria Consolata Moschettini, titolare dell’inchiesta.
Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nas di Lecce e dai controlli sarebbero emerse una serie di assenze e ritardi sospetti (circa una ventina), da parte del coordinatore tecnico, in servizio presso l’ospedale di Gallipoli, nel periodo compreso tra il 18 gennaio ed il 10 aprile del 2018.
I video acquisiti dai militari immortalavano altre persone, tra cui la suddetta dottoressa, mentre “timbravano il cartellino” al posto suo.
Secondo l’accusa, F.R. “si allontanava dal posto di lavoro senza documentare la propria assenza, attraverso apposita timbratura con badge in uscita”. A volte, invece, “giungeva sul posto di lavoro, in orario successivo a quello risultante dalle schede di rilevazione”.