La Corte di Cassazione "azzera" il secondo grado di giudizio ed il processo sul crack finanziario del “Calzaturificio Vereto” avente per protagonista Gabriele Abaterusso, dovrà ricominciare dalla Corte di Appello.
I giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione hanno annullato con rinvio la sentenza di condanna a due anni di reclusione, con l'accusa di "bancarotta per distrazione" a carico del 34enne di Patù, figlio del consigliere regionale del partito democratico Ernesto Abaterusso.
Gli "ermellini" hanno accolto l’istanza degli avvocati difensori Fritz Massa, Antonella Corvaglia ed Antonio Borreti. Adesso si attendono le motivazioni della sentenza ed è stato disposto che si tenga un nuovo processo di secondo grado, davanti ai giudici della Corte d’Appello di Lecce.
La sentenza del 28 febbraio del 2015 ebbe come conseguenza immediata il ritiro della candidatura alle elezioni regionali. Attualmente Gabriele Abaterusso, ricopre la carica di vicesindaco e assessore al Bilancio, Programmazione, Scuola e Sport del Comune di Patù.
Gabriele Abaterusso, all'epoca dei fatti, era fondatore ed amministratore unico della “Vereto”, nonché proprietario dell’85 per cento delle quote insieme a Redouanne Marsali, 49 anni, di origini marocchine. Quest'ultimo avrebbe permesso al giovane imprenditore del Sud Salento, di "distrarre i beni", evitando, secondo l'accusa rappresentata dal pubblico ministero Emilio Arnesano, di finire "in pasto" ai creditori, una volta arrivata la sentenza di fallimento del Tribunale. Questo "tesoretto" era costituito da: un’Audi A4, una slitta automontata, una smerigliatrice e una parte dell'azienda, ceduta nel novembre del 2005 per 28mila euro ad una società amministrata dal padre Ernesto.