Al termine del processo di Appello, la Corte ha riformato una sentenza e disposto due assoluzioni, con la formula, “perché il fatto non sussiste”, per i presunti fiancheggiatori di Luigi Margari, già condannato in via definitiva per l’omicidio di Fabio Frisenda.
I giudici della Corte di Appello (Presidente Vincenzo Scardia ) hanno ridotto la pena ad anni 3 per Vito Manzari, 58 anni di Lecce, (anni 3 e mesi 4 in primo grado) e assolto Cosimo Valentino, 38 anni, di Copertino e Anna Rita Lisi, 37, di Copertino (condannati a 2 anni in primo grado).
Manzari è difeso dall’avvocato Ladislao Massari.Valentino e Lisi sono difesi avvocato Paolo Spalluto,
I tre erano imputati del reato di favoreggiamento perché, secondo l’accusa, in concorso tra di loro, dopo che in data 4 luglio del 2014, fu commesso I’omicidio di Fabio Frisenda, aiutavano Margari Luigi ad eludere le investigazioni fornendogli, in particolare, ausilio per nascondere l’arma utilizzata per uccidere Frisenda.
Dalle carte dell’inchiesta emerse il ruolo assunto nella vicenda dai tre personaggi vicini a Luigi Margari. Manzari, amico dell’omicida reo confesso, gli avrebbe fornito una “copertura” a Bari, subito dopo l’omicidio. Inoltre, da ciò che risulterebbe da un’informativa dei carabinieri, avrebbe eluso le indagini, aiutando Margari a sottrarsi alla cattura. Valentino e Lisi, invece, avrebbero aiutato il killer a nascondere l’arma utilizzata per compiere l’omicidio.
La tesi difensiva
La difesa di Valentino e Lisi ha eccepito in appello la inutilizzabilità delle intercettazioni sostenendo che dall’istruttoria dibattimentale (organi di P.G. escussi) emergeva che le conversazioni captate fossero state intercettate nell’ambito di un procedimento diverso da quello che odiernamente occupa. Per l’effetto della eccepita inutilizzabilità, i risultati delle intercettazioni non potevano essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali erano stati stati disposti (l’omicidio di Frisenda) salvo che risultassero indispensabili per l’accertamento di reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. Il reato contestato ai coniugi Valentino e Lisi è punito con una pena non superiore, nel minimo, a cinque anni e non rientra tra le ipotesi tassative previste dall’articolo 380 c.p.p. Ne consegue che tali captazioni non potevano essere utilizzate in alcuna fase del procedimento e ancor più non potevano essere posti a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità degli imputati stante la di esse inutilizzabilità. Dunque, sostiene la difesa, trattandosi di inutilizzabilità “patologica”, l’articolo 191 c.p.p., prevede che tale vizio della prova possa essere rilevato anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
La difesa di Manzari ha invece eccepito la inutilizzabilità della acquisizione dei tabulati facendo leva sulla sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia UE, del 2 marzo 2021, H.K., C-746/18, in tema di tabulati telefonici e telematici e sul Decreto-Legge 30 settembre 2021, n. 132.
Invece, già nel 2018, è diventata definitiva, dopo il pronunciamento della Cassazione, la condanna a 18 anni di reclusione per Luigi Margari con l’accusa di omicidio volontario.
Confermato anche il risarcimento del danno, da quantificare in separata sede ed il pagamento di una provvisionale, da corrispondere a ciascuna delle parti civili.
Secondo i giudici, Margari avrebbe ammazzato il compaesano Fabio Frisenda, ma senza la premeditazione. L’omicidio si consumò il 4 luglio del 2014 in una campagna alla periferia di Copertino, dove sorge una fabbrica per la produzione di infissi. Frisenda, all’epoca, si trovava ai domiciliari ed era autorizzato dal giudice del Tribunale di Sorveglianza a lavorare presso la ditta, dalle ore 7,30 alle 16. Quel giorno, però, ricevette una visita inaspettata, poiché in tarda mattinata Margari giunse a bordo della propria auto, nelle vicinanze del capannone dell’azienda. La vittima intuì di essere finito in un’imboscata, ma pur tentando di fuggire all’agguato, venne raggiunto dal killer che gli sparò un colpo di pistola al cuore, ferendolo mortalmente.
Margari dopo due giorni di latitanza, si costituì presso la caserma dei carabinieri della Tenenza di Copertino. Nel corso dell’interrogatorio, l’omicida dichiarò di aver teso l’imboscata a Frisenda per le presunte avances rivolte dalla vittima alla sua compagna, mentre egli si trovava in ospedale, ma ha negato di voler uccidere Frisenda, ma di volerli soltanto “recapitare” un avvertimento, attraverso un colpo di arma da fuoco.