Per la famiglia di Gregorio Durante esiste una sola verità: il 33enne di Nardò trovato senza vita in una cella del carcere di Trani il 31 dicembre 2011 non è stato curato come imponeva il suo stato di salute. Soffriva di crisi epilettiche associate a crisi psicomotorie da quando aveva 17 anni, ma era riuscito a contenere gli effetti della malattia grazie ad una terapia che gli sarebbe stata negata una volta entrato nel penitenziario barese. Insomma, Gregorio, che negli ultimi giorni non riusciva a mangiare né a camminare, in cella non ci doveva stare. E invece è stato punito con tre giorni di isolamento per aver finto di star male solo per ottenere un permesso speciale.
Per la giustizia, invece, la verità non è ancora stata scritta del tutto. Per questo la Corte di Appello di Bari ha disposto una “super perizia” per accertare le reali cause della morte del 33enne, figlio di Pippi, il boss accusato di aver ucciso il 1 aprile del 1984 l’assessore della pubblica istruzione del comune di Nardò Renata Fonte.
Anche su questo punto non c’è chiarezza. Secondo l’autopsia, effettuata pochi giorni dopo il decesso, Gregorio è morto per una crisi respiratoria dovuta ad un’intossicazione da Fenobarbital, un medicinale che viene somministrato a chi soffre di epilessia, agevolata da una broncopolmonite. Ma nel corso della scorsa udienza, il consulente dei tre medici imputati aveva ipotizzato una terza causa: una patologia cardiaca mai rilevata prima, ma evidenziata dell’esame dei vetrini dei reperti istologici.
L’incarico sarà affidato a tre periti nell’udienza del 20 marzo prossimo. Per la sentenza, tanto attesa dalla moglie Virginia che, a Leccenews24, aveva chiesto «Giustizia per suo marito» bisognerà attendere ancora.
Non resta che ricordare quello che diceva Anna Biason: “La verità trova sempre il modo per rendersi visibile”.