Irrompe in aula, la testimonianza di un medico del Pronto Soccorso che visitò il piccolo Luca Monsellato al suo arrivo in ospedale.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Alberto Santacatterina, del giudice monocratico Sergio Tosi e dei difensori degli imputati, l’avvocato Lorenzo Valgimigli e il professore Giulio De Simone, l’allora medico del Pronto Soccorso dell’Ospedale “Panico” di Tricase, ha affermato
“Quando assieme ad altri colleghi visitammo il bambino, ci sembrò da subito che fosse già morto. Aveva un aspetto cianotico, le pupille dilatate e non si rilevavano i polsi. Inoltre appariva visibilmente denutrito. Sul tronco presentava delle ecchimosi e aveva un addome prominente. Ho pensato subito a quei bambini africani che vediamo in televisione, che vivono in uno stato d’indigenza. Inoltre, aveva il cuoio capelluto diradato e i capelli di un colore sbiadito. Non solo, il bambino aveva un pannetto e sotto di esso presentava delle croste nella zona dei glutei. Noi facemmo ugualmente le manovre di rianimazione. Provammo a inserire un tubo nella trachea, ma il piccolo rimase immobile. Chiesi aiuto al rianimatore pediatrico, per vedere se riusciva a fare qualcosa. A quel punto mi posi la domanda. Come mai il bambino era arrivato morto e in quelle condizioni? Poi parlai con la madre. Ella disse che bimbo aveva avuto negli ultimi sette giorni, febbre, tosse e diarrea. Ricordo che mi disse che Luca, quella mattina, aveva chiesto una tisana al finocchio, ma al terzo sorso smise di respirare e si accasciò. I genitori mi riferirono anche che era seguito da una pediatra, ma telefonicamente e che negli ultimi giorni non era stato visitato.”
La testimonianza del pediatra
Sempre nell’udienza di oggi, sono stati ascoltati il pediatra di base del piccolo Luca, il quale ha detto di non essere mai stato messo in condizione di poterlo visitare e una neonatologa. Quest’ultima ha dichiarato che fino ai tre anni, le condizioni del bambino erano buone, ma in seguito sarebbero peggiorate. Inoltre, rendendosi conto di tale “aggravamento” avrebbe sollecitato determinati esami ed accertamenti.
Cosa accadde
Ricordiamo che Luca Monsellato morì il 20 ottobre 2011. Il Gup Vincenzo Brancato, il 17 dicembre dello scorso anno, ha disposto il rinvio a giudizio di papà Marcello, omeopata di professione oltre che psicoterapeuta e di mamma Giovanna Pantaleo, originari di Miggiano. Entrambi rispondono dell’accusa di omicidio colposo.
Invece, prima del rinvio a giudizio, il gip Alcide Maritati aveva disposto l’imputazione coatta dei genitori, dopo avere valutato le conclusioni della consulenza dei medici legali Alberto Tortorella e Leopoldo Ruggiero. Invece, il pubblico ministero Alberto Santacatterina aveva in precedenza chiesto l’archiviazione del procedimento.
Quella del piccolo Luca fu una tragedia che scosse il Salento intero. Secondo il referto medico, il bambino morì dopo un’influenza che durava ormai da giorni, ma che presumibilmente fu curata solo con rimedi omeopatici che si sarebbero poi rivelate inefficaci. Il piccolo Luca sarebbe giunto al Pronto Soccorso, già morto. I medici non poterono far altro che scuotere la testa davanti al suo corpicino senza vita.
Il racconto dei genitori
Diverso il racconto dei genitori, secondo i quali, il figlio quando arrivò in Ospedale, respirava ancora e per circa un’ora i medici gli avevano praticato senza successo le manovre di rianimazione. Per questa ragione, in un primo momento anche tre medici del nosocomio tricasino, difesi dall’avvocato Luigi Covella vennero iscritti nel registro degli indagati. La loro posizione fu poi archiviata dopo la consulenza dei medici legali che sgombrarono il campo sulla responsabilità dei soccorritori. Nel documento firmato dai periti, come causa della morte veniva individuata una “polmonite interstiziale e batterica, complicata ulteriormente da sovrainfezione da miceti patogeni”. Insomma, “il piccolo Luca giunse presso il Pronto soccorso in arresto cardio-respiratorio non risolto, nonostante le protratte manovre di rianimazione messe in atto dai medici di quella struttura”.
A settembre l’assoluzione
A distanza di qualche tempo è arrivata l’assoluzione del padre del bambino, dott. Luigi Marcello Monsellato. Nel merito, il Tribunale di Lecce con sentenza del 27.09.2017 in relazione ai reati addebitati a carico di Monsellato, si è espresso dichiarando che “il fatto non sussiste”.