Docente universitaria morta dopo un intervento chirurgico: quattro medici del “Fazzi” sotto processo


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Quattro medici del “Vito Fazzi” di Lecce finiscono sotto processo per la morte di una docente universitaria. Il gup Stefano Sernia ha rinviato a giudizio i “camici bianchi” con l’accusa di omicidio colposo, al termine dell’udienza preliminare. Essi dovranno presentarsi nei prossimi mesi innanzi al giudice monocratico per l’inizio del processo.

In precedenza, il gip Michele Toriello aveva disposto l’imputazione coatta dei medici, accogliendo la richiesta di opposizione all’archiviazione dei familiari della professoressa padovana. Invece, il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone aveva chiesto l’archiviazione del procedimento.

Il magistrato dispose una consulenza medico legale poi eseguita dal dr. Roberto Vaglio e motivò la richiesta, affermando che “non sussistono elementi idonei e sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio nei confronti degli indagati, con riguardo alla sussistenza del nesso causale tra la condotta posta in essere dagli stessi e l’insorgere di una vasta emorragia intracerebrale che condusse a morte“.

L’87enne, un  medico in pensione con cattedra universitaria, morì presso il “Fazzi” di Lecce, il 4 giugno di quattro anni fa, dopo un intervento di mastectomia (asportazione chirurgica di una mammella, su donne colpite da tumore al seno o ad alto rischio di svilupparlo), per una presunta colpa medica. Il giudice Toriello, pur ritenendo che l’intervento chirurgico fosse correttamente riuscito, aveva accolto alcune delle motivazioni presentate dai consulenti di parte, in merito alle fasi pre e post-operatorie. In quei frangenti, si sarebbero verificati alcuni comportamenti “negligenti” da parte del personale medico che ebbe in cura l’anziana donna.

Non sarebbe stata disposta in tempo utile, la sospensione di farmaci anticoagulanti che la paziente assumeva per altre patologie (come avrebbe consigliato l’anestesista il giorno prima dell’intervento). Nelle ore successive all’operazione, non sarebbe stato effettuato alcun monitoraggio della pressione per  controllare l’ipertensione arteriosa che portò all’emorragia cerebrale ed al decesso dell’87enne. Solo a distanza di circa quattro ore, sarebbe stato annotato sulla cartella clinica della signora padovana “paziente soporosa difficilmente risvegliabile“.

Inoltre, i consulenti di parte ritenevano che l’intervento chirurgico al quale venne sottoposta l’anziana signora fosse assolutamente sconsigliato, considerando l’età ed il fatto che fosse affetta da altre patologie. I consulenti di parte sostenevano, inoltre, che l’87enne non fosse stata informata su altre opzioni terapeutiche alternative alla chirurgia. Ad ogni modo, la paziente avrebbe firmato il modulo relativo al “consenso informato” sui rischi dell’operazione chirurgica.