“La vicenda che riguarda Antonio Megha e il patto da questi stretto con il clan Coluccia, rivela la compenetrazione nel tessuto economico-sociale per cui è il politico che si rivolge direttamente al mafioso riconoscendone la capacità di attrarre consenso sociale per assicurarsi il risultato elettorale”. È quanto emerge nell’ordinanza a firma del gip Sergio Tosi che ha portato a 15 arresti, tra cui quello dell’avvocato Antonio Megha, ex sindaco e attuale assessore alla cultura del Comune di Neviano, finito ai domiciliari.
Dalle indagini, coordinate dal pm Carmen Ruggiero della Dda, è venuto a galla un “patto di scambio politico-mafioso“. E nello specifico, “l’infiltrazione dell’organizzazione mafiosa nell’apparato amministrativo del Comune di Neviano mediante l’inserimento di soggetti di diretta espressione del clan Coluccia”.
In una conversazione, Megha riferiva di avere condiviso l’intenzione del mediatore Giangreco di rivolgersi al clan e di rendersi disponibile a soddisfare ogni loro richiesta, mentre Michele Coluccia gli garantiva cinquanta voti: “comunque gli ho detto le cose, gli ho detto guarda poi, dimmi… io che devo fare, perchè… non è che, per regolarmi che devo fare per voi, ha detto se è per noi … se è… ci sentiamo…. dice, però ha detto non più di cinquanta voti ti possiamo garantire, ho detto, sono tanti dico!”. Nel prosieguo, Megha precisava che in cambio dei cinquanta voti si era impegnato a corrispondere la somma di 3.000 euro nonché a rappresentare i loro interessi nel territorio calabrese adempiendo a qualsiasi incombenza.
Successivamente, Giangreco contattava Megha il quale, in modo esplicito faceva riferimento agli accordi con Coluccia, rendendosi disponibile a portargli quanto da lui richiesto, tramite il mediatore, chiedendo a quest’ultimo di giustificare il ritardo con il quale stava dando corso alla richiesta e assicurando di essere disponibile ad incontrarlo e che avrebbe provveduto a consegnarli il denaro in più tranches. In relazione all’accordo concluso, Giangreco riferiva che Michele Coluccia avrebbe potuto assicurargli anche un maggior numero di voti se avessero avuto a disposizione più tempo: “Michele diceva: se era venuto prima, ha detto, certe cose …inc… ma ci saremmo dovuti preparare prima!”;
A sua volta Megha, riconoscendo l’importanza del rapporto instauratosi con gli appartenenti al sodalizio mafioso, affermava: “per me come tu sai i soldi non sono stati mai importanti! È stato importante che sono amato, stimato, seguito, specialmente voi che mi avete dato tanto affetto… io sono assessore! […] “.
In sintesi, sostiene il gip Tosi, il Megha era soddisfatto del rapporto instaurato con il clan Coluccia e, per riconoscenza, si metteva a disposizione al fine di ottenere illeciti profitti sfruttando il ruolo di assessore e quindi risultando una vera e propria insidia per l’apparato istituzionale comunale ( “è l’ultimo giro ci organizziamo bene!).
Ed appare evidente, continua il gip, che la successiva visita di Giangreco a Michele Coluccia fosse finalizzata alla consegna della prima tranche di denaro corrisposta dall’assessore comunale, in cambio dei voti procacciati nelle elezioni amministrative del 20 e 21 settembre 2020 per la sua rielezione nel consiglio comunale di Neviano.
In questo contesto, secondo il giudice, va inquadrata la richiesta di Giangreco di agevolare l’assunzione del figlio del capo clan Michele, all’interno di un’azienda che operava nel settore della raccolta dei rifiuti urbani sui territori di Aradeo, Neviano, Collepasso e altri comuni, come emerge da una conversazione intercettata.
Megha acconsentiva alla richiesta, rassicurando il suo interlocutore circa il buon esito del suo intervento, dicendo: “quando vado a parlare io, con quello della ditta per sto ragazzo… […]con questo non può cercare soldi tocca che lo mette e basta! …può stare tranquillo, voglio dire che non c’è problema, però sta cosa mo me la faccio! […] però gliela faccio proprio perché è stato … ma poi quando un cristiano ti ascolta no, merita sempre! quando siamo andati noi ci ha sentiti, ha detto: si, non ti preoccupare, e già ti ha dato un aiuto”.
Megha proseguiva il dialogo manifestando la disponibilità a soddisfare un’ulteriore esigenza di Giangreco relativa all’assunzione di suo nipote, che si era prestato a fungere da “guardaspalle” durante i suoi comizi.