Intimidazioni, estorsioni e armi, le intercettazioni dell’Operazione Battleship”


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Una serie di intercettazioni, da cui emergerebbero gli affari illeciti del clan nel “ramo” delle intimidazioni, delle estorsioni e della detenzione di armi.

Come risulta dall’ordinanza del gip Carlo Cazzella, alcune conversazioni dell’estate 2015, evidenziano l’aspra rivalità tra Alessandro Caracciolo e i suoi fratelli. Il risentimento sfociava, ad esempio, nell’affissione di macabri manifesti funebri a Leverano, dal contenuto intimidatorio. “Per la prematura scomparsa del finanziere… la comunità rende grazie a Dio per il lieto evento”.

Tale “operazione” viene commentata da Alessandro Caraccciolo ad Andrea Quarta “telecamere qui non c’è ne sono… mi metto qua in mezzo con la macchina… scendo… pom, pom… e lo incollo.”

Alessandro Caracciolo, Andrea Quarta ed Angelo Cosimo Calcagnile  nel ruolo di mandante) rispondono dell’accusa di minaccia aggravata dal metodo mafioso.

Angelo Cosimo Calcagnile, Antonio Cordella e Alessandro Iacono rispondono anche di estorsione e rapina. La Procura contesta agli indagati anche il metodo mafioso per avere rimarcato l’area d’influenza del sodalizio mafioso capeggiato da Alessandro Caracciolo e Maria Montenegro.

I tre avrebbero rivolto minacce al legale rappresentante di una associazione sportiva leveranese, per costringerlo a desistere nell’avanzare la pretesa di una quota per un premio alla carriera, riconosciuto dalla FIGC e destinato a un calciatore già militante nelle file della squadra di calcio locale. La pretesa era rivolta ad un dirigente del sodalizio.

L’uomo aveva anche paventato, in caso di rifiuto, l’intervento di un boss di Galatina.

Il dirigente si era così rivolto ad Angelo Cosimo Calcagnile. Quest’ultimo gli spiegava che se i rivali si fossero presentati all’incontro “carrozzati” (cioè armati), avrebbero potuto contare su di una pistola. Inoltre sottolineava Calcagnile, che la pretesa del responsabile dell’associazione fosse insolente “poi mi deve pure dire a chi appartiene questo che sta facendo il camorrista… che non chiede a nessuno prima di venire a Leverano a fare il prepotente… così gli spiego l’Ave a Maria se non capisce… poi se vanno carrozzati, lui porta la 9 sopra, l’amico mio… dichiarata”.

Inoltre, nel luglio 2015, Calcagnile riferiva ad Andrea Quarta, di volere rintracciare un giostraio per fruire di biglietti gratuiti da distribuire in piazza e ottenere un contributo in denaro dai gestori di impianti ludici, su ordine del leader Caracciolo. In data 4 agosto però, Calcagnile disapprova la cupidigia dei coniugi Caracciolo e in particolare di Maria Montenegro che voleva ottenere altri profitti dalla sagra estiva di Leverano “si sta fottendo pure la festa… sta mangiando pure di là… è lei che sta mettendo fuoco”.

Infine Calcagnile faceva riferimento all’esigenza di sorvegliare sul comportamento di alcuni giovani che pretendevano di fruire delle giostre gratis (“ragazzini stanno andando, non vogliono pagare per salire… ad uno ad uno hanno minacciato che se non gli fanno il panino gli bruciano il camion… adesso li vado a prendere”.) Con questo comportamento, secondo il gip, Calcagnile “ammetteva” il fatto che il clan assicurava un “servizio di guardiania”.