Utilizzabilità intercettazioni sul senatore Roberto Marti. Il gip chiederà l’autorizzazione alla Camera


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Il giudice accoglie l’istanza della Procura sulla questione dell’utilizzabilità delle intercettazioni che vedono coinvolto il senatore Roberto Marti, nell’inchiesta “Estia” sulle case popolari.

Il gip Giovanni Gallo dunque, dopo avere emesso una corposa ordinanza, darà avvio alla procedura per l’autorizzazione alla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Infatti, all’epoca dei fatti, Marti era Deputato della Repubblica.

Nei giorni scorsi, si è svolta l’udienza camerale dinanzi al giudice Gallo, alla presenza delle parti. Vi erano il pubblico ministero Massimiliano Carducci ed il senatore Marti, assistito dagli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto. La Procura ha ribadito la richiesta di ammissibilità dell’istanza sostenendo, tra le altre cose, che il telefono di Marti non sia mai stato sottoposto ad intercettazione e che le conversazioni con gli indagati dell’Inchiesta “Estia” fossero occasionali. La difesa, invece, sosteneva il contrario, ritenendo, inoltre, come l’istanza fosse tardiva.

Ad ogni modo, lo stesso gip aveva espresso una propria valutazione sulla questione, nell’ordinanza di misura cautelare a carico degli arrestati. In seguito, anche il Riesame era tornato sulla questione (nelle motivazioni a carico di Luca Pasqualini, in cui veniva citata un’intercettazione con Marti). Il giudice estensore Pia Verderosa affermava “Nel caso in esame, il collegio condivide le valutazioni del gip, in quanto si verte nell’ambito di intercettazioni così dette casuali o fortuite”.

L’inchiesta

Ricordiamo che dopo la chiusura dell’inchiesta Estia, la posizione di Roberto Marti risulta “stralciata”. Sotto la lente d’ingrandimento della Procura era finita la vicenda del pagamento dell’alloggio presso un B&B e poi l’assegnazione di un immobile confiscato alla mafia. Destinatario di questo “trattamento di favore” il fratello di un boss.

Secondo l’accusa, Rosario Greco (alias Andrea), dipendente di Alba Service e “collettore di voti” per diverse campagne eletorali, su incarico di Damiano D’Autilia e di un Deputato della Repubblica (riferibile al senatore leghista Roberto Marti) avrebbe gestito, dal punto di vista economico, l’emergenza abitativa di Antonio Briganti (fratello del boss Pasquale) e di sua moglie Luisa Martina, pagando le spese di alloggio presso un B&B alle porte di Lecce.

In seguito, invece, i due avrebbero ottenuto illecitamente una casa, già confiscata alla mafia, destinata alla “graduatoria ordinaria”, grazie all’intervento di Attilio Monosi, Pasquale Gorgoni e Paolo Rollo.

L’escamotage utilizzato per dare una parvenza legale all’operazione sarebbe consistito nell’assegnare l’immobile in comodato d’uso gratutito, apparentemente in favore di una cooperativa sociale.

Questa la ricostruzione della Procura che contesta a tutti i suddetti indagati, i reati di abuso d’ufficio, falso ideologico e tentato peculato.

Le dichiarazioni dell’avvocato Corleto

A margine della decisione del gip, l’avvocato Giuseppe Corleto ha dichiarato: “La difesa prende atto del provvedimento del GIP, pur non condividendolo per le ragioni analiticamente illustrate nel corso dell’udienza camerale del 25 gennaio. Ragioni che saranno ribadite nel prosieguo della presente vicenda, in particolare dinanzi alla Giunta per le Autorizzazioni della Camera cui sarà inoltrata una nuova memoria in difesa del sen (deputato all’epoca dei fatti contestati) Roberto Marti”. E il legale aggiunge: “Fermo restando che, se mai saranno autorizzate dalla Camera, ciò sarà un fatto meramente tecnico che prescinde completamente dal merito della vicenda. Se e quando il procedimento penale andrà avanti lo affronteremo con serenità e non perderemo occasione per dimostrare tutta la inconsistenza della ipotesi di accusa”.