Case Popolari, utilizzabili le intercettazioni su Roberto Marti? Al Gip l’ultima parola


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Sarà, anzitutto, il gip a valutare la questione dell’utilizzabilità delle intercettazioni che vedono coinvolto il senatore Roberto Marti, nell’inchiesta “Estia” sulle case popolari.

In mattinata, si è svolta l’udienza camerale dinanzi al giudice Giovanni Gallo, alla presenza delle parti. Vi erano il pubblico ministero Massimiliano Carducci ed il senatore Marti, assistito dagli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto. La Procura ha ribadito la richiesta di ammissibilità dell’istanza e l’avvio della procedura per l’autorizzazione alla Giunta del Senato, sostenendo, tra le altre cose, che il telefono di Marti non sia mai stato sottoposto ad intercettazione. La difesa ritiene, invece, che la richiesta sia tardiva. I legali sottolineano come la Camera di appartenenza dovesse essere informata, a partire dall’iscrizione di Marti nel registro degli indagati (risalente al 2017).

Ora il gip Giovanni Gallo tirerà le somme e deciderà sull’opportunità di proseguire con l’iter autorizzativo.

Il giudice dovrà valutare se le conversazioni intercettate tra Marti e gli indagati dell’Inchiesta “Estia” fossero occasionali. Oppure, se l’attività investigativa fosse diretta ad intercettarlo.

Inoltre, il giudice dovrà esaminare la rilevanza delle stesse, ai fini probatori in vista di un eventuale processo.

Ad ogni modo, lo stesso gip aveva espresso una propria valutazione sulla questione, nel l’ordinanza di misura cautelare a carico degli arrestati. In seguito, anche il Riesame era tornato sulla questione (nelle motivazioni a carico di Luca Pasqualini, in cui veniva citata un’intercettazione con Marti). Il giudice estensore Pia Verderosa affermava “Nel caso in esame, il collegio condivide le valutazioni del gip, in quanto si verte nell’ambito di intercettazioni così dette casuali o fortuite”.

L’inchiesta

Ricordiamo che dopo la chiusura dell’inchiesta Estia, la posizione di Roberto Marti risulta “stralciata”.

Sotto la lente d’ingrandimento della Procura era finita la vicenda del pagamento dell’alloggio presso un B&B e poi l’assegnazione di un immobile confiscato alla mafia. Destinatario di questo trattamento di favore, il fratello di un boss.

Secondo l’accusa, Rosario Greco (alias Andrea), dipendente di Alba Service e “collettore di voti” per diverse campagne eletorali, su incarico di Damiano D’Autilia e di un Deputato della Repubblica (riferibile al senatore leghista Roberto Marti) avrebbe gestito, dal punto di vista economico, l’emergenza abitativa di Antonio Briganti (fratello del boss Pasquale) e di sua moglie Luisa Martina, pagando le spese di alloggio presso un B&B alle porte di Lecce.

In seguito, invece, i due avrebbero ottenuto illecitamente una casa, già confiscata alla mafia, destinata alla “graduatoria ordinaria”, grazie all’intervento di Attilio Monosi, Pasquale Gorgoni e Paolo Rollo. L’escamotage utilizzato per dare una parvenza legale all’operazione, sarebbe consistito nell’assegnare l’immobile in comodato d’uso gratutito, apparentemente in favore di una cooperativa sociale.

Questa la ricostruzione della Procura che contesta a tutti i suddetti indagati, i reati di abuso d’ufficio, falso ideologico e tentato peculato.

Vi è poi un’altra vicenda finita al vaglio dei pubblici ministeri. Gli “amici di Pasqualini” volevano protestare con azioni forti, come l’occupazione del Comune, per il ritardo nell’assegnazione degli alloggi di Via Potenza.

In una conversazione tra Attilio Monosi e Roberto Marti (indicato con omissis), il primo riferisce che “Volevano occupare il Comune… ho detto se occupate il Comune… in tre secondi prendo la determina davanti a voi e la strappo”.

In pratica, alcuni cittadini che costituivano il vasto bacino elettorale di Pasqualini ed ai quali erano stati assegnati gli immobili di Via Potenza, si lamentavano del fatto che i lavori non erano stati ultimati e mancavano l’allaccio alla luce ed al gas.