Si sono costituti parte civile, i genitori degli scolaretti di una scuola dell'infanzia di Tuglie che avrebbero subito dei maltrattamenti dalla loro maestra. Sono difesi dagli avvocati Biagio Palamà, Maurizio Scardia, Angelo Chetta, Leonida Marzano, Maria Greco, Maurizio Quarta, Lorenzo Rizzello, Fabio Cataldi e Daniele Santantonio. Inoltre, il gup ha accolto la richiesta, degli stessi legali, di citazione del Ministero dell'Istruzione come responsabile civile.
Nella prossima udienza fissata per il 28 giugno, il gup Antonia Martalò deciderà sul rinvio a giudizio della 51enne L.D.F. di Alezio, accusata di maltrattamenti nei confronti di alcuni suoi piccoli alunni. La maestra, invece, difesa dagli avvocati Rocco Vincenti e Antonio Lanfranco, risponde delle accuse di maltrattamenti, con l'aggravante della minore età delle vittime e l'abuso di potere. Nelle settimane scorse, la donna si è trasferita dalla scuola dell'infanzia di Tuglie in un'altra sede, dopo aver presentato regolarmente domanda.
I maltrattamenti (al momento solo presunti) sarebbero stati confidati dai piccoli, tutti di età compresa tra i tre e i cinque anni, ai genitori che, preoccupati, hanno poi segnalato gli episodi alle forze dell’ordine.Sono stati i carabinieri della compagnia di Gallipoli ad avviare gli accertamenti del caso, confluiti nell'inchiesta del pubblico ministero Stefania Mininni.
Nella scuola dell’infanzia dove sarebbero andati in scena i maltrattamenti sono state installate anche alcune telecamere che hanno ripreso il "clima" ‘vissuto in aula dai piccoli. L’occhio elettronico ha immortalato le punizioni che la maestra avrebbe inflitto ai bambini. Dopo aver ascoltato il racconto di alcuni genitori, acquisito e visionato frame dopo frame le immagini, l’informativa è finita sul tavolo del magistrato.
Gli episodi "incriminati" si sarebbero verificati nell’arco temporale di un mese circa – da dicembre 2014 a gennaio 2015 – La maestra, infatti, avrebbe "accompagnato" gli strattoni e le sculacciate con offese e parole poco gentili e a volte umilianti (come "vandalo", "scemo", "fessa"), con minacce di mali ingiusti o avvertimenti del tipo "ti appendo al lampadario".
Alcuni di loro, avrebbero così avvertito, a seguito di questi presunti deprecabili comportamenti, secondo l'accusa, "cambiamenti umorali e minzioni involontarie". Il pm, nella richiesta di rinvio a giudizio, sottolinea, infatti, "un comportamento improntato a sterile autoritarismo, nei confronti degli alunni a lei affidati".