Maxi truffa all’Ufficio Postale di Parabita: condanne per 45 anni di carcere ai cinque imputati


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Avrebbero messo a segno un enorme raggiro ai danni di una donna di origini eritree e di sedici anziani di Parabita ed è arrivata la condanna per tutti gli imputati. Il collegio della seconda sezione presieduto da Gabriele Perna a latere Silvia Minerva e Alessandra Sermarini, ha inflitto complessivamente, più di 45 anni di carcere ai cinque protagonisti della maxi-truffa, avente come epicentro l'Ufficio Postale del paese del Basso Salento.

Nello specifico, i giudici hanno condannato a 16 anni Cosimo Prete, già assessore comunale, qui nelle vesti di responsabile del settore consulenze della filiale (per lui, considerato il vero deus ex machina della truffa, il pubblico ministero Giovanni Gagliotta ha chiesto 13 anni); 9 anni e 10 mesi per Marcolino Andriola, 48enne, di Cellino San Marco; 8 anni e 6 mesi ad Antonio Silvestri, di 40, di Casavatore (Napoli); 8 adAndrea Cesarini, 40, di Ladispoli ( per essi il pm aveva chiesto 7 anni); 4 anni e 6 mesi per Luigi Cecere, 27, di Casavatore in provincia di Napoli ( in questo caso invocati 6 anni).

I cinque rispondono in diversa misura ed a vario titolo, di truffa aggravata, peculato, falsità materiale e riciclaggio.

Altri due imputati, invece, hanno scelto di essere giudicati in abbreviato: Stefania Di Matteo, 49, di Palombara (Roma) e Assunta Silvestri, 46 anni, residenti a Casavatore, (la seconda condannata a 4 anni dal gup Simona Panzera). Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati: Elvia Belmonte, Alessandro Greco e Davide Dell'Atti. Invece, le parti civili sono difese da Walter Gravante, Luigina Fiorenza, Luca Laterza, Giuseppe Grasso, Francesca Conte, Luca Castelluzzo, Laura Pisanello, Luisa Urro e Giuseppe Gambellone.

La prima vittima, una donna di origini eritree, ma residente a Locria cui venne prosciugato un conto corrente per più di un milione di euro. Prete avrebbe sostanzialmente creato una sorta di copia del libretto, cointestato alla ignara vittima e ad una delle indagate a piede libero. Qui era confluita parte dei soldi, precisamente 437mila euro; la parte più sostanziosa era stata trasformata in otto buoni fruttiferi postali del valore di 100mila euro ciascuno; mentre altri 52mila euro erano stati consegnati, sotto forma di vaglia, a un autosalone di Lecce. Poche ore dopo aver trasferito in maniera truffaldina i soldi, infatti, gli indagati avrebbero fatto il primo acquisto: una Bmw serie 1, acquistata la sera stessa. Altre auto, nel corso dei mesi successivi, sarebbero poi finite nella disponibilità degli indagati.

Tutto era cominciato nel settembre del 2014; a scoprire la truffa un controllo interno di Poste Italiane. Dopo aver contattato la donna, i responsabili dell’Ente hanno capito che si trattava di un’operazione fraudolenta, e hanno avvertito la Procura. È stata così aperta un'inchiesta dal sostituto procuratore Giovanni Gagliotta e le indagini sono state condotte dalla sezione di polizia giudiziaria.