Nuovi guai per Valentina Piccinonno. L’accusa, questa volta, è evasione e omicidio


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Nuovi guai per Valentina Piccinonno accusata dell’omicidio di Salvatore Maggi, 74enne gestore di una sala biliardo a Monteroni trovato con la testa fracassata sotto un albero di ulivo, in una campagna alla periferia del comune universitario. La 32enne leccese aveva già conquistato la ribalta delle cronache giudiziarie dopo il rapimento di una bambina bulgara di appena 6 anni. Proprio per quell'episodio era stata condannata, in abbreviato, ad un anno e otto mesi di reclusione e si trovava agli arresti domiciliari. Un particolare, però, che non le aveva impedito di uscire dalla sua abitazione per commettere quell’efferato delitto.
 
Era il 28 giugno dello scorso anno, infatti, quando la donna fu arrestata per evasione e soltanto indagata per omicidio volontario a scopo di rapina, come dimostrerebbero le numerose lesioni trovate sul corpo del 74enne e i diversi oggetti in oro della vittima che la donna aveva tentato di nascondere nel reggiseno.
 
Almeno fino ad oggi, quando l’ordinanza di custodia cautelare in carcere le è stata notificata a Borgo San Nicola, dove la donna si trova reclusa anche per estorsione e lesioni personali gravi. Qualche giorno dopo la sua scarcerazione, infatti, la 32enne avrebbe aggredito l’anziana madre, probabilmente al culmine dell’ennesimo diverbio.
 
La ricostruzione dell’accaduto. Dopo l’omicidio, una volante della polizia aveva fermato la Piccinonno nella zona 167 di Lecce mentre si trovava a bordo di una Fiat Panda, di proprietà della vittima, con la quale poco prima aveva causato un incidente stradale in Piazzale Rudiae: nell'auto c'erano ancora alcuni vestiti sporchi di sangue, il portafogli dell'uomo, i suoi documenti, un blocchetto di assegni e – come detto – alcuni oggetti in oro che la donna dichiarò di avere ricevuto in regalo in cambio di una prestazione sessuale.
 
Una versione in un certo senso “confermata” anche durante l’interrogatorio quando la 32enne raccontò agli agenti la sua versione di quella maledetta notte. La Piccinonno dichiarò di essersi allontanata da casa dopo un litigio con la madre e che dopo aver fatto un lungo tratto di strada a piedi per raggiungere l’abitazione di un suo parente, sarebbe stata avvicinata da un uomo anziano che era alla guida di una Fiat Panda grigia che le avrebbe offerto un passaggio invitandola anche a consumare una bevanda. Le indagini hanno le sue parole: i due si fermarono in un bar sulla strada che collega Monteroni ad Arnesano.
 
Dopo aver bevuto qualcosa nel bar – stando alla ricostruzione della donna – l’uomo avrebbe imboccato una strada di campagna e mentre raggiungevano un luogo isolato, lui avrebbe iniziato a palpeggiarle il seno mentre le infilava nel reggiseno gli oggetti in oro. Giunti in un appezzamento di terreno avrebbe tentato di violentarla e lei avrebbe reagito sferrandogli calci e pugni, colpendolo ripetutamente. Subito dopo lo avrebbe lasciato in terra sanguinante mettendosi alla guida della macchina di lui e cambiandosi gli indumenti intrisi di sangue. 
 
Le testimonianze raccolte e i risultati dell’indagine avviata dalla Squadra mobile hanno smentito le dichiarazioni rese in fase di interrogatorio dalla Piccinonno, facendo configurare, invece, il reato di omicidio volontario commesso al fine di commettere il delitto di rapina.
 
Di più, le stesse attività investigative hanno portato ad identificare l’uomo che era con la 32enne quando, con la Fiat Panda della vittima, provocò l’incidente stradale. Anche lui ha ricostruito la vicenda in maniera diversa rispetto alla versione fornita dalla donna, specificando che l’aveva incontrata vicino alla stazione Ferroviaria di Lecce e che gli aveva confidato di aver subito un tentativo di violenza sessuale. Al ragazzo sarebbe stato chiesto di accompagnarla a Monteroni per verificare le condizioni dell’uomo che lei avrebbe colpito nel tentativo di difendersi. Entrato in macchina avrebbe notato gli indumenti intrisi di sangue, impaurendosi e decidendo di non farsi coinvolgere in quella brutta vicenda.  
 
Le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Pubblico Ministero hanno evidenziato come Maggi sia deceduto a causa delle lesioni conseguenti ad una o più cadute al suolo subite nel corso di una colluttazione o di una aggressione e che in mancanza di un grave traumatismo cranico la morte non si sarebbe verificata. La stessa indagata nel corso dell’interrogatorio ha ammesso di avere colpito con violenza e anche con oggetti contundenti la vittima.
 
A tutta questa serie di indizi, si è aggiunto anche il comportamento tenuto dall’indagata subito dopo la colluttazione con Maggi è indicativo del  suo intento di ucciderlo, in quanto se fosse stata realmente vittima di una aggressione a scopo sessuale avrebbe certamente chiesto soccorso a qualcuno, cosa che non ha fatto, cercando invece l’ausilio di un terzo soggetto per verificare le condizioni di salute dell’uomo, che sapeva di avere sicuramente ucciso.   
 
Come detto, la nuova ordinanza applicativa della custodia cautelare, disposta dal GIP Maritati, è stata notificata presso la Casa Circondariale di Borgo San Nicola.