Omicidio Angela Petrachi. La Corte d’Assise d’Appello dice sì a nuovi accertamenti difensivi sul Dna


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La Corte d’Assise d’Appello dice si ad un nuovo accesso ai reperti della scena del crimine per l’omicidio di Angela Petrachi. I giudici hanno accolto l’istanza della difesa di Angelo Camassa, agricoltore 54enne di Melendugno, condannato in via definitiva all’ergastolo, rappresentata dall’avvocato Ladislao Massari.

Ricordiamo che, nel corso dell’udienza tenutasi nelle scorse ore davanti alla Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Vincenzo Scardia, la difesa ha chiesto di analizzare più approfonditamente le tracce di Dna presenti sui vestiti della vittima, grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. E si è rivolta al biologo forense Eugenio D’Orio, come consulente di parte. Quest’ultimo eseguirà una serie di accertamenti tecnico-scientifici per capire la natura delle due tracce di Dna presenti sugli indumenti della vittima, da cui sono emersi due profili genetici, nessuno dei quali sarebbe riconducibile a Camassa.

In base all’esito delle analisi, la difesa potrebbe avanzare una nuova revisione del processo.

Angelo Camassa, agricoltore 54enne di Melendugno, venne condannato in via definitiva all’ergastolo per l’assassinio di Angela Petrachi. Rispondeva delle accuse di omicidio volontario, violenza sessuale e vilipendio di cadavere.

La richiesta di revisione del processo venne già avanzata dal legale di Camassa sulla scorta di una prima consulenza di parte, ma fu rigettata prima dalla Corte d’Appello e poi dalla Cassazione.

Ricordiamo che Giovanni Camassa venne arrestato nell’aprile del 2003. Nel gennaio del 2007, venne scarcerato, dopo che la Corte d’Assise assolse l’imputato con formula piena, «per non aver commesso il fatto». In seguito al ricorso presentato dalla Procura, Giovanni Camassa venne condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello. L’imputato venne riconosciuto colpevole di aver dapprima violentato Angela Petrachi la 31enne di Melendugno, mamma di due figli piccoli, nelle campagne di Borgagne, di averla strangolata con i suoi stessi slip, per poi seviziare con il coltello il corpo esanime. Tale accusa è stata fortemente respinta da Camassa che si è sempre professato innocente.