Avrebbe ammazzato con un colpo di pistola, l'imprenditore edile Massimo Bianco ed il Pubblico Ministero ha chiesto 30 anni di reclusione per Antonio Zacheo. Questa mattina, di fronte alla Corte di Assise presieduta da Roberto Tanisi (a latere Pasquale Sansonetti e giudici popolari) è iniziata la discussione in aula del processo che vede imputato, il 29enne originario di Maglie, ma residente a Martano, difeso dall'avvocato Enrico Grosso del Foro di Torino e Salvatore Maggio di quello di Taranto.
Al termine di un lunga e dettagliata requisitoria, il sostituto procuratore Antonio De Donno ha anzitutto ricostruito la dinamica dell'omicidio. Zacheo, Gabrieli e Bianco avrebbero fatto colazione in un bar di San Foca e poi avrebbero svoltato per Carpignano Salentino (non Martano), come testimoniato da un carabiniere in borghese. Quest'ultimo ha dichiarato di avere visto i due (Gabrieli guidava e Zacheo era posizionato dietro) che "facevano scivolare qualcosa" e li ha superati; a quel punto l'auto girava, poiché Zacheo e Gabrieli si erano insospettiti e decisero di anticipare i tempi e di abbandonare subito il cadavere di Bianco. Il carabiniere aggiunge che non c'era alcuna macchina ferma sulla strada e avverte la centrale.
Zacheo inoltre, avrebbe dichiarato agli inquirenti "avevo lasciato Massimo in compagnia di due suoi conoscenti" (questi due amici gli avrebbero dato un passaggio). Invece, Zacheo dichiarò alla moglie di Bianco di averlo accompagnato in azienda, specializzata nei trasporti. Il pm ha poi ricostruito l'orario dell'omicidio (tra le 14:49 e le 15:05). In quel lasso di tempo, compreso tra la chiamata di Bianco alla sorella e la telefonata del militare ai colleghi.
Il sostituto procuratore sottolinea poi la premeditazione dell'azione. Zacheo avrebbe nascosto in una cartelletta una bottiglietta con dentro la benzina. Infatti, Bianco venne ammazzato in macchina e poi il suo corpo bruciato in campagna. Riguardo, infine, al movente, il pm De Donno ha affermato che c'erano certamente dei contrasti di natura economica sulla gestione dell'azienda, all'interno della quale "Bianco voleva fare la parte del leone"e non voleva "accollarsi" alcuna situazione debitoria. Bisognerebbe però considerare anche l'astio personale, tanto che già in precedenza Zacheo aveva maturato l'idea di "fare fuori Bianco". Riguardo ai futili motivi "un semplice astio tra due persone non è da ritenersi una ragione proporzionata alla gravità del fatto commesso".
Ecco che, dopo il processo con rito abbreviato, per il presunto complice di Zacheo, il 55enne Antonio Gabrieli, anch'egli martanese e condannato a 30 anni di reclusione dal Gup Giovanni Gallo, volge verso la conclusione anche quello a carico di Antonio Zacheo. Egli è ritenuto l'esecutore materiale dell'omicidio di Massimo Bianco, imprenditore edile 41enne. Ricordiamo che il suo corpo semi-carbonizzato, fu ritrovato il 29 giugno di due anni fa, in una località di campagna tra Martano e Carpignano Salentino. Inizialmente, alla luce dei precedenti penali di Bianco, si pensò ad un’esecuzione di tipo mafioso. Ben presto però si giunse ad una svolta; grazie agli accertamenti sui tabulati telefonici ed alle dichiarazioni di amici e conoscenti e di un carabiniere si risalì ai due concittadini di Bianco, Antonio Zacheo ed Antonio Gabrieli. Omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, occultamento di cadavere in concorso e utilizzo improprio d’arma da fuoco, sono le accuse rivolte dal pm, ai due imputati.
La mamma e la sorella di Bianco (rappresentate dall’avvocato Giancarlo Dei Lazzaretti) si sono costituite parte civile ed hanno chiesto un risarcimento danni di 750 mila euro. E’ stata ammessa anche la costituzione della moglie e dei due figli della vittima (assistite dall’avvocato Cosimo Rampino). Dopo che verranno sentiti, sia gli avvocati di parte civile che i difensori di Zacheo, questa sera potrebbe arrivare la sentenza dei giudici