Ex carabiniere ammazzato di fronte al figlio. Il Riesame: “Ucciso da Aportone senza nessun reale motivo”


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Michele Aportone è colui che ha posto in essere l’assassinio del povero Silvano Nestola“. Non usa mezzi termini il giudice Giovanni Gallo, relatore del provvedimento, nel motivare la decisione del Riesame con cui, nel dicembre scorso, è stato stabilito che Michele Aportone deve rimanere in carcere con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili.

Il relatore Gallo aggiunge che: “La vita del povero Silvano Nestola, persona che non aveva mai visto o conosciuto Michele Aportone, viene così spezzata senza nessun reale motivo, in una serata normale, dopo che lo stesso aveva cenato in compagnia dei suoi affetti, mentre sta tornando a casa in compagnia del suo piccolo figlio, verso il quale indirizzerà le sue ultime parole di protezione (intimandogli di scappare)”.

Naturalmente, nelle 25 pagine di provvedimento, viene analizzata la vicenda nel suo complesso e soprattuto viene esaminata la personalità dell’indagato Michele Aportone, 70enne di San Donaci. Secondo il giudice del Riesame: “Stanco della situazione di tensione familiare, derivante dalla assillante opposizione della moglie Rossella Manieri alla relazione della figlia con Silvano Nestola, decideva di eliminare quest’ultimo, premeditando per tempo l’omicidio ed eseguendo un piano di azione molto elaborato e studiato in ogni dettaglio”. E aggiunge il giudice: “con scaltrezza e spregiudicatezza, organizzava il trasferimento (con il furgone e poi con ciclomotore) presso l’abitazione della sorella del Nestola e, lì giunto, con agghiacciante freddezza lo colpiva ripetutamente a morte, noncurante della presenza in quel momento accanto alla vittima del piccolo figlio di quest’ultimo”.

Si tratta di elementi, secondo il giudice Gallo, da cui emerge: “una personalità che non si espone in prima persona per risolvere un “problema”, che non cerca mediazioni attraverso discussioni od opere di persuasione, ma che agisce direttamente e inaspettatamente “alle spalle” delle persone interessate”. E continua: “Una volta avuta la conferma che la figlia e Silvano Nestola continuavano a vedersi (attraverso gli esiti del controllo gps), Michele Aportone, senza interloquire, decideva “semplicemente” di eliminare la causa del “problema” che si era venuto a creare all’interno del suo nucleo familiare, attraverso la premeditata e spietata “esecuzione” del Nestola”.

Ricordiamo che nell’udienza del dicembre scorso, il Tribunale del Riesame (Presidente Carlo Cazzella, relatore Giovanni Gallo, a latere Pia Verderosa) ha rigettato il ricorso della difesa. Nel corso della discussione in aula, l’avvocato Francesca Conte ha chiesto nuovamente l’annullamento per un vizio procedurale dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ed ha sollevato il principio del ne bis in idem sul doppio arresto di Aportone. Non solo, poiché ha contestato l’ordinanza anche nel merito, sottolineando la mancanza dei gravi indizi colpevolezza a carico di Aportone. E poi, ha sostenuto l’avvocato Conte, non c’è prova del movente, considerando anche il fatto che Michele Aportone non conosceva personalmente la vittima. Il difensore ha, infine, rimarcato il fatto che non è mai stata ritrovata l’arma del delitto.

La difesa, ora che le motivazioni sono state depositate, presenterà ricorso in Cassazione.

Ricordiamo che Michele Apportone è stato arrestato nuovamente il 24 novembre scorso dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Lecce su ordinanza a firma del gip Sergio Tosi, dopo la richiesta di arresto dei pubblici ministeri Alberto Santacatterina e Paola Guglielmi. Nei giorni precedenti, un vizio procedurale rilevato dal Riesame aveva annullato l’ordinanza del 29 ottobre e restituito la libertà al padre della ex compagna del maresciallo.