Omicidio del Carabiniere Silvano Nestola, resta in carcere il papà dell’ex compagna


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Resta in carcere Michele Aportone, il 70enne di San Donaci, ritenuto responsabile dell’omicidio, a colpi di fucile, del maresciallo in pensione Silvano Nestola. Il Tribunale del Riesame (Presidente Carlo Cazzella, relatore Giovanni Gallo, a latere Pia Verderosa) ha rigettato il ricorso della difesa. Nel corso della discussione in aula, l’avvocato Francesca Conte ha chiesto nuovamente l’annullamento per un vizio procedurale dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, a firma del gip Sergio Tosi. Ed ha sollevato il principio del ne bis in idem sul doppio arresto di Aportone. Non solo, poiché ha contestato l’ordinanza anche nel merito, sottolineando la mancanza dei gravi indizi colpevolezza a carico di Aportone. In particolare, non ci sarebbe la prova della sua partecipazione al delitto, anche perché non sarebbe ancora chiaro se a sparare sia stato un uomo o una donna. E poi, ha sostenuto l’avvocato Conte, non c’è prova del movente, considerando anche il fatto che Michele Aportone non conosceva personalmente la vittima. Il difensore ha, infine, rimarcato il fatto che non è mai stata ritrovata l’arma del delitto.

La difesa potrà presentare ricorso in Cassazione, una volta depositate le motivazioni entro 45 giorni.

Ricordiamo che Michele Apportone è stato arrestato nuovamente il 24 novembre scorso dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Lecce su ordinanza a firma del gip Sergio Tosi, dopo la richiesta di arresto dei pubblici ministeri Alberto Santacatterina e Paola Guglielmi. Nei giorni precedenti, un vizio procedurale rilevato dal Riesame aveva annullato l’ordinanza del 29 ottobre e restituito la libertà al padre della ex compagna del maresciallo.

Michele Aportone risponde del reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.

Nella nuova ordinanza di arresto, il gip Tosi afferma: “Si è visto come l’indagato abbia soppresso elementi di prova a suo carico procedendo, oltre che all’eliminazione dell’arma usata per commettere il delitto, alla distruzione del ciclomotore utilizzato”. E inoltre, sostiene il gip: “anche se sono state analizzate le armi in suo possesso ed è stato escluso che una di esse sia quella utilizzata per commettere il delitto si tratta di una circostanza che comunque non influisce sui gravi indizi di colpevolezza a suo carico”.

Riguardo l’aspetto della premeditazione, il gip Tosi afferma: “Si è visto come l’omicidio sia stato da questi progettato con estrema accuratezza ed in particolare adottando una serie di accorgimenti utili a distogliere dalla propria persona qualsiasi elemento di sospetto. Non deve sorprendere, dunque, che l’arma utilizzata per l’omicidio non sia stata individuata tra quelle rinvenute in suo possesso: trattandosi del principale elemento che poteva collegarlo al delitto è assolutamente ragionevole ritenere che sia stato anche il primo elemento di prova del quale si è sbarazzato, con tutta probabilità nell’immediatezza dei fatti”.

Fondamentali sono state, fra le altre cose, minuscole tracce di polvere da sparo che i carabinieri del Ris di Roma hanno trovato sugli indumenti sequestrati all’uomo. Si tratta di abiti ritrovati, durante le indagini, in una sua autovettura.

E continua il gip, affermando: “vi è un chiaro ed inequivoco movente che ha certamente spinto il prevenuto a fare materialmente fuoco su Silvano Nestola il 3 maggio di quest’anno davanti agli occhi del figlio undicenne, in tal modo cagionandone la morte a soli 45 anni. Che questo sentimento di radicata ostilità nei confronti della relazione sentimentale tra Silvano Nestola e la figlia di Aportone fosse condiviso pure dall’odierno indagato è possibile desumerlo in primo luogo dal fatto che la giovane, contrariata per l’atteggiamento oppositivo della madre, rifiutava al padre di vedere il nipote”. Le esigenze cautelari, continua il gip, sono da ritenersi di “eccezionale rilevanza”, essendo l’indagato persona ultrasettantenne.

Riguardo la ricostruzione degli eventi, il giudice afferma: “Una volta deciso di sopprimere fisicamente Silvano Nestola, non solo l’indagato ha escogitato l’ingegnoso escamotage di utilizzare due mezzi di trasporto, l’uno caricato all’interno dell’altro; ma dopo il delitto ha posto in essere una serie di condotte finalizzate a sopprimere qualsiasi elemento che potesse costituire un elemento di prova a suo carico. Oltre a sbarazzarsi dell’arma utilizzata, ha sezionato il ciclomotore, dando alle fiamme e disseminandone in quattro luoghi diversi i pezzi, ha cancellato dal proprio cellulare qualsiasi traccia relativa al controllo a mezzo GPS degli spostamenti della figlia”.