Termina con la richiesta del carcere a vita, la requisitoria del pubblico ministero Elsa Valeria Mignone. Poco prima, è stato sentito come teste Pompeo Rosario Padovano, in videoconferenza, poiché detenuto nel carcere di Cuneo. Questi ha confermato che ad uccidere "materialmente" Carmine Greco sono stati Carmelo Mendolia e "Nico" Greco. Dichiarazioni ritenute attendibili dal pubblico ministero.
Nell'udienza scorsa è stato sentito, come teste del pm, Nicola Greco. Già il 14 aprile scorso, aveva rilasciato dichiarazioni spontanee in merito all'omicidio del cugino Carmine. "Nico" Greco ha confessato di avere accompagnato in macchina il killer di suo cugino, ma senza sapere che Mendolia avesse intenzione di sparare per ucciderlo.
Ascoltato dal pm, ha raccontato in aula, "Arrivai ad un bar di Gallipoli verso le 12, dove c'era Rosario Padovano; mi disse che dovevo recarmi in un posto assieme a Mendolia, con una Fiat Uno per dare una lezione ad uno, senza specificare il motivo". Greco ha poi continuato la deposizione, affermando "Ci rechiamo lì; prima passa un motorino e vediamo arrivare due persone a piedi, che erano Greco e il nipote e si stavano avvicinando verso di noi. Mendolia stava già scendendo, quando è rientrato in macchina, perché sorpreso dalla presenza dell'altra persona e dal loro incedere verso di noi. Dopo, Mendolia prende l'arma e comincia sparare dalla macchina. Carmine Greco scappa allontanandosi verso la campagna, mentre l'altra persona rimase sul marciapiede. Mendolia ricomincia a sparare dalla macchina; non sono stato io a sparare l'ultimo colpo."
In un'altra udienza, invece, si era verificato un piccolo colpo di scena. Giuseppe Barba ascoltato in udienza come teste "puro" dal pm, a seguito di alcune scottanti rivelazioni, ha rischiato di diventare co-imputato. Cosicché il Presidente Sansonetti della Corte di Assise di Lecce (a latere Fabrizio Malagnino e giudici popolari) ha interrotto l'udienza "avvisando" il testimone del rischio di diventare co-imputato. Il 26 maggio, è terminato l'esame alla presenza del suo avvocato Paola Scialpi. Giuseppe Barba ha dichiarato semplicemente di essere la figura del "clan" che deteneva le armi.
Subito dopo è stato sentito Carmelo Mendolia come teste puro che ha confermato molte delle dichiarazioni già rilasciate agli inquirenti e nel corso del primo processo.
Al termine di esso, furono emesse due condanne. Anzitutto, quella all'ergastolo, nei confronti del boss Pompeo Rosario Padovano come mandante del delitto, nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio di Salvatore Padovano (alias Nino bomba); l'altra a 18 anni per Carmelo Mendolia. Quest'ultimo ha confermato che Carmine Greco venne ucciso perché decise di "mettersi in proprio" nell'ambito dello spaccio di droga, dissociandosi dal clan. Mendolia si recò il 13 agosto del 1990, sul luogo dell'omicidio con un complice. Inizialmente erano presenti, assieme a Carmine Greco, anche la moglie con il figlioletto in braccio. Una volta che si allontanarono, scesero entrambi dalla macchina, ma non ricorda se anche il complice Greco avesse sparato. Infine, è stato sentito Marco Barba, il quale ha confermato alcune precedenti dichiarazioni. Anche le dichiarazioni di Mendolia e dei fratelli Barba sono state ritenute attendibili dal pm, che ha tratto così le sue conclusioni.
Nicola Greco è difeso dagli avvocati Ladislao Massari (che ha discusso oggi in aula) e Mario Coppola. Invece, Marcello Padovano dall'avvocato Gabriele Valentini.La convivente della vittima, all'epoca dell'agguato mortale, si è costituita parte civile ed è difesa dall'avvocato Silvio Giardiniero; mentre, la figlia è difesa dall'avvocato Guidi. Nella prossima udienza prevista per il 6 luglio proseguirà la discussione degli avvocati della difesa e potrebbe essere emessa la sentenza.