Anziano morto carbonizzato in casa. Per il figlio accusato di omicidio pena ridotta a 22 anni in Appello


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Arriva la riduzione della pena, al termine del processo di secondo grado, per Vittorio Leo, 51enne di Collepasso, condannato per l’omicidio del padre, morto carbonizzato nel bagno di casa. I giudici della Corte d’Assise d’Appello (presidente Vincenzo Scardia, relatore Giuseppe Biondi) hanno ridotto la pena da 30 anni a 22 anni di reclusione per l’imputato. Il suo legale, l’avvocato Francesca Conte, una volta depositate le motivazioni, presenterà ricorso in Cassazione. La difesa sostiene, difatti, la tesi dell’omicidio colposo (in subordine, preterintenzionale) e non volontario.

Ricordiamo che il 3 dicembre dello scorso anno, i giudici della Corte d’Assise (Presidente Pietro Baffa, giudice estensore Francesca Mariano e giudici popolari) avevano condannato l’imputato a 30 anni di reclusione, per il reato di omicidio volontario, con la concessione delle attenuanti generiche.

In una precedente udienza, si era verificato un colpo di scena. Il pm Luigi Mastroniani aveva riferito di avere riqualificato nuovamente il capo d’imputazione sulla scorta di ulteriori valutazioni, prima che si tenesse la discussione. Vittorio Leo rispondeva, dunque, in base alla nuova modifica, del reato di omicidio volontario e non più di omicidio preterintenzionale.

Inoltre, prima della discussione (il pm aveva chiesto 14 anni), si era svolto l’esame dell’imputato. Vittorio Leo aveva fornito la propria ricostruzione dei fatti affermando, come fatto in sede d’interrogatorio, che non era sua intenzione uccidere il padre e che non lo soccorse poiché paralizzato dalla paura. E come disse già in precedenza, per scaricare la tensione, si stese sul divano e poi si cucinò un piatto di pasta al ragù. Dopo pranzo, ripulì la cucina e lavò il pavimento. Vittorio Leo ha parlato di un incidente. Ha raccontato di aver spruzzato dell’alcool con cui si stava medicando una ferita contro il genitore durante l’ennesima lite. L’anziano padre, insegnante in pensione, non gli avrebbe mai perdonato il fatto di aver interrotto gli studi di ingegneria. Non si era mai laureato come la sorella, “la preferita”, medico psichiatra che da anni vive e lavora in provincia di Roma.

Ricordiamo, inoltre, che inoltre, la Corte d’Assise aveva rigettato l’istanza della difesa che chiedeva di concedere i domiciliari all’imputato per motivi di salute, sulla scorta della relazione presentata dal medico legale Roberto Vaglio.

La Corte aveva comunque concesso a Vittorio Leo, la possibilità di ricorrere in caso di bisogno alle trasfusioni per curare la talassemia, anche in un centro medico fuori dal carcere, accompagnato dalle guardie penitenziarie. Il 51enne di Collepasso chiedeva di potere curare la talassemia major, con idonea terapia domiciliare, anche in considerazione dei rischi legati alla pandemia da coronavirus, nel caso di permanenza in carcere.

L’inchiesta

Vittorio Leo era finito inizialmente sotto processo con l’accusa di omicidio preterintenzionale, al termine dell’udienza preliminare. Il gup Cinzia Vergine aveva disposto il rinvio a giudizio, accogliendo l’istanza avanzata dal sostituto procuratore Luigi Mastroniani che, dopo l’avviso di conclusione delle indagini, aveva riqualificato l’accusa di omicidio volontario in preterintenzionale, sostenendo che l’agente immobiliare non aveva programmato l’omicidio e non aveva intenzione di uccidere il padre.

Ricordiamo che, nei mesi precedenti, dinanzi al gip Giovanni Gallo, si era svolto l’incidente probatorio e il consulente tecnico, lo psichiatra Domenico Suma, ha ritenuto Vittorio Leo in grado d’intendere e di volere quando il padre prese fuoco e morì carbonizzato poco dopo. Il gip nell’ordinanza ha inoltre sostenuto di non condividere la riqualificazione del reato da omicidio volontario in preterintenzionale, poiché Vittorio Leo avrebbe deliberatamente gettato dell’alcol addosso al padre, dando fuoco allo stesso, al fine di cagionarne la morte.

I fatti

Il 29 maggio del 2019, Antonio Leo, 89enne insegnante in pensione, venne trovato senza vita nella sua abitazione di Collepasso, dove viveva da solo. Il cadavere era in bagno, carbonizzato dalle fiamme. È stato il figlio a chiedere aiuto agli uomini in divisa. Il 49enne – titolare una agenzia immobiliare – viveva in un appartamento vicino a quello dell’anziano padre, nello stesso stabile.

Sospettato fin da subito di essere l’autore del gesto, Vittorio Leo è poi finito in manette e condotto in carcere dai carabinieri del Norm di Casarano, coadiuvati dai colleghi della stazione di Collepasso.