Dopo la condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Angela Petrachi, la difesa di Giovanni Camassa chiede un nuovo accesso ai reperti della scena del crimine. L’istanza è stata avanzata nelle scorse ore in aula nel corso dell’udienza tenutasi davanti alla Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Vincenzo Scardia. I giudici si sono riservati sulla decisione che è attesa nei prossimi giorni. L’avvocato Ladislao Massari sostiene che sia necessario analizzare più approfonditamente le tracce di Dna presenti sui vestiti della vittima, grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. La difesa di Giovanni Camassa si è già rivolta al biologo forense Eugenio D’Orio, come consulente di parte. Nel caso in cui i giudici della Corte d’Assise d’Appello dovessero accogliere la richiesta, la difesa punta ad un’ulteriore richiesta di revisione del processo, sulla base di nuove prove. Ricordiamo che in precedenza è già arrivato il No a tale istanza, da parte della Corte di Appello di Potenza e poi della Corte di Cassazione.
Angelo Camassa, agricoltore 54enne di Melendugno, venne condannato in via definitiva all’ergastolo per l’assassinio di Angela Petrachi. Rispondeva delle accuse di omicidio volontario, violenza sessuale e vilipendio di cadavere.
La richiesta di revisione del processo venne avanzata dal legale di Camassa sulla scorta di una consulenza di parte, che rilevò sui vestiti della vittima, la presenza di un nuovo profilo genetico riconducibile ad altra persona. La 31enne Angela Petrachi, mamma di due figli piccoli, scomparve il 26 ottobre del 2002 e il cadavere venne ritrovato 13 giorni dopo. Giovanni Camassa venne arrestato nell’aprile del 2003. Nel gennaio del 2007, venne scarcerato, dopo che la Corte d’Assise assolse l’imputato con formula piena, «per non aver commesso il fatto». In seguito al ricorso presentato dalla Procura, Giovanni Camassa venne condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello. L’imputato venne riconosciuto colpevole di aver dapprima violentato la Petrachi nelle campagne di Borgagne, di averla strangolata con i suoi stessi slip, per poi seviziare con il coltello il corpo esanime. Tale accusa è stata fortemente respinta da Camassa che si è sempre professato innocente.