Un processo fortemente atteso dall'intera comunità trepuzzina e non solo, la cui discussione in aula si conclude con la richiesta di condanna all'ergastolo anche in Appello, per l'ex evaso Fabio Perrone detto "Triglietta". Il 42enne, originario del piccolo paese del Nord Salento (attualmente detenuto nel carcere di Catanzaro per motivi di sicurezza), si è presentato oggi nell'Aula a Bunker di Borgo San Nicola verso le 10.00, per assistere alla discussione. Perrone è l'omicida reo-confesso del cittadino montenegrino Fatmir Makovic e l'autore del ferimento del figlio, avvenuto la notte tra il 28 e il 29 marzo scorsi, all’interno del bar “Gold” di Trepuzzi.
Il procuratore generale, nel processo di appello celebratosi con il rito abbreviato, ha invocato l'ergastolo per "Triglietta" con le accuse di "omicidio volontario aggravato dai futili motivi", "tentato omicidio" e "possesso di arma da fuoco". Gli avvocati delle parti civili, Christian Quarta e Federico Mazzarella De Pascalis, si sono allineati alla richiesta del procuratore generale. In serata, è attesa la sentenza della Corte di Appello presieduta da Vincenzo Scardia.
Ricordiamo che in primo grado, Triglietta era stato già condannato alla pena dell'ergastolo dal Gup Simona Panzera, nel processo celebratosi con il rito abbreviato. Il giudice ha anche condannato l'uomo al pagamento di una provvisionale di 180mila euro per il figlio ferito e di 75.000 euro per ciascuna delle sette parti civili. Il sostituto procuratore Francesca Miglietta aveva chiesto il carcere a vita per l'imputato.
La vittima, Fatmir Makovic, era ospite del campo “Panareo”, ma quella sera si trovava all'interno del Bar "Gold” di Squinzano e ha perso la vita nel bagno al termine di un tragico inseguimento. Al suo seguito c’era anche il figlio 16enne, raggiunto da tre colpi di pistola e ricoverato in ospedale in gravi condizioni. In quel bagno Fatmir Makovic ci aveva visto un probabile rifugio dall’inevitabile destino cui sapeva di andare incontro. Ma quella che doveva essere una via di fuga, si è rivelata una trappola mortale.
La tragedia pare essersi consumata per futili motivi. Probabilmente a causa di una lite tra il killer e un gruppo di cittadini del campo nomadi. Fabio Perrone è stato tempestivamente rintracciato dai Carabinieri che, il giorno seguente all’omicidio, lo hanno sorpreso presso la sua abitazione. Nel corso della perquisizione domiciliare, poi, i militari sequestrarono una pistola semiautomatica calibro 9, marca Crvna Zastava con matricola abrasa, compatibile con quella impiegata per consumare il delitto.