Arriva la conferma della condanna a 30 anni per l’ex collaboratore di giustizia Marco Barba, accusato di aver ammazzato a sangue freddo un ambulante marocchino.
La sentenza è stata emessa nelle scorse ore dalla Corte d’Assise di Appello ( Presidente Roberto Tanisi, a latere Eva Toscani), presso l’Aula Bunker di Borgo San Nicola. La sentenza prevede (come in primo grado) il pagamento di una provvisionale in favore dei familiari della vittima, il 41enne Khalid Lagraidi, costituitisi parte civile con l’avvocato Luigi Pedone.
Il 43enne di Gallipoli Marco Barba, detto U’ Tannatu, rispondeva dell’accusa di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e occultamento di cadavere.
L’avvocato Davide De Giuseppe, difensore dell’imputato, una volta depositate le motivazioni della sentenza, proporrà ricorso in Cassazione.
In primo grado, il gup Carlo Cazzella, al termine del giudizio abbreviato ha condannato Marco Barba a 30 anni. Invece, il pubblico ministero Alessio Coccioli aveva chiesto l’ergastolo.
L’ex pentito era accusato di aver ammazzato a sangue freddo per non avergli pagato un pezzo di hashish, Khalid Lagraidi, il 23 giugno del 2017. I “resti” dell’uomo vennero ritrovati mesi dopo in un contenitore metallico, in contrada ‘Madonna del Carmine’, alla periferia di Gallipoli.
“U Tannatu” nel corso dell’incidente probatorio e di un interrogatorio ha affermato di avere ucciso l’uomo per gelosia e in preda ad un attacco di ira dopo averlo sorpreso in atteggiamenti ‘intimi’ con la figlia Rosalba, la stessa che ha consentito di far ritrovare il corpo senza vita dello straniero, nonostante i tentativi di farlo sparire per sempre con oltre cento bottiglie di acido muriatico, versate sul corpo senza vita.
Avviso di conclusione indagini
Nell’avviso di conclusione delle indagini compariva anche il nome della figlia Rosalba Barba, 23enne gallipolina, che rispondeva dell’accusa di occultamento di cadavere in concorso con il padre.
«È stato mio padre a uccidere Khalid per un debito» ha riferito la giovane, a fine gennaio, ai carabinieri della compagnia di Gallipoli guidati dal capitano Francesco Battaglia. La figlia, quando ha scoperto che sarebbe diventata presto mamma, ha deciso di raccontare tutto. Non solo, ha personalmente accompagnato i militari in quella pineta che, per mesi, aveva custodito il corpo senza vita dell’ambulante 41enne.
Rosalba Barba, assistita dal legale Amilcare Tana, ha già patteggiato la pena di 1 anno e 6 mesi.