22enne di Melissano sparato in testa con un colpo pistola: due fermi per omicidio


Condividi su

Hanno un volto e un nome i presunti killer di Francesco Fasano, il 22enne di Melissano ammazzato con un solo colpo di pistola alla tempia per lanciare un avvertimento al gruppo “ribelle”, nato dalla frattura interna che ha diviso le strade dell’organizzazione criminale, un tempo guidata da Emanuele Cesari.

Il procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi insieme al pubblico ministero di turno Stefania Mininni hanno emesso un decreto di fermo nei confronti di Angelo Rizzo, 23enne e Daniele Manni, 32enne. L’accusa per i due giovani è di omicidio volontario. A Manni è stato contestato anche il tentato omicidio per l’agguato “mancato” del 19 luglio, quando sparò alcuni colpi di pistola contro un’auto. Dentro c’era il suo rivale Pietro Bevilacqua e il 22enne, sopravvissuti quasi per miracolo.

Non solo i soli. Nel provvedimento compaiono i nomi di altre otto persone, accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Si tratta di Pietro Bevilacqua, Antonio Librando, Biagio Manni, Luciano Manni, Maicol Andrea Manni, Luca Piscopiello, Luca Rimo e Gianni Vantaggiato.

Nelle prossime ore, il provvedimento dovrà essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari. Sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Francesco Fasano, Attilio Nassisi e Mario Coppola.

L’omicidio di Fasano

Secondo gli investigatori, Fasano è stato ucciso perché era l’anello debole del gruppo, il più giovane e forse il più ‘inesperto’ o facile da colpire. La macchina con cui è andato incontro alla morte, forse senza saperlo, era intestata al padre di Pietro Bevilacqua. Quando gli uomini in divisa l’hanno ritrovata durante il sopralluogo sulla Melissano-­Ugento le luci e il motore erano ancora accesi.

È bastato un solo colpo di pistola – una calibro 9 (non ancora trovata) – sparato a bruciapelo all’altezza dell’arcata sopracciliare sinistra. La distanza ravvicinata, la freddezza con cui hanno agito e per il 22enne non c’è stato più nulla da fare. Impossibile sfuggire a quel destino che era già stato scritto.

Lo hanno lasciato lì, in una pozza di sangue, in attesa che qualcuno ‘scoprisse’ il cadavere per caso. È una strada secondaria, ma abbastanza frequentata.

La chiamata al 112 che segnalava il corpo senza vita è arrivata alle 23.42, ma quando i carabinieri hanno raggiunto il luogo di quello che sembrava un incidente stradale, hanno notato che il corpo era stato trascinato per diversi metri, probabilmente dall’auto di un’automobilista, che si è dileguato. Non sarebbero stati gli assassini ad ‘infierire’ perché nessuna delle auto sequestrate ha danni alla carrozzeria.

La spaccatura

Per capire come sia maturato l’omicidio, tocca fare un passo indietro e tornare al 27 marzo, giorno in cui il cuore di Emanuele Cesari, broker della droga e leader dell’organizzazione criminale, ha smesso di battere. Fin da subito i suoi ex compagni hanno cercato un sostituto, ma non era facile rimpiazzare una figura carismatica che era riuscita a tenere uniti tutti i suoi componenti, grazie al suo ‘caratteraccio’ (era ‘scomodo’ un po’ a tutti e aveva litigato con diverse persone).

La scelta è ricaduta su Daniele Manni, ma il nuovo capo non è stato in grado di appianare i contrasti, nati soprattutto sui compensi da distribuire ai vari livelli dell’organizzazione. Gelosie e rancori hanno alimentato l’odio, fino a quando il gruppo non si è spaccato. Conquistare il monopolio del traffico di droga era diventato l’obiettivo delle due fazioni che hanno cominciato una faida interna, pronta ad essere regolata con il sangue.

I fermi di questa notte sono stati ‘necessari’ per fermare l’escalation criminale. I due gruppi erano ormai fuori controllo, assettati di vendetta. Bevilacqua e soci stavano pensando di “rispondere” dopo l’agguato a cui erano scampati quasi miracolosamente. I rivali li hanno anticipati, colpendo Fasano, ma non sarebbe finita. Non solo la “reiterazione del reato”, c’è anche il pericolo di fuga. Sapevano di avere il fiato sul collo e stavano pensando di fuggire, prima che gli uomini in divisa chiudessero il cerchio.