Diciotto anni di carcere per aver ammazzato e sepolto la fidanzata che aveva detto di “amare”. Diciotto anni, come l’età di Lucio che, questa mattina, si è presentato sul banco degli imputati nelle vesti di assassino. È lui l’unico responsabile per la morte della 16enne di Specchia, anche se il dubbio che non abbia fatto tutto da solo continua a pesare come un macigno.
Un po’ pochi, secondo l’avvocato Francesco Zacheo che difende Umberto, il papà di Noemi, l’unico presente in aula. Eppure è questa la richiesta di condanna invocata dal pubblico ministero Anna Carbonara per il ragazzo, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e per aver agito con crudeltà per motivi abietti e futili.
Il pm, durante circa quattro ore di requisitoria, ha ripercorso, in maniera dettagliata, ciò che è successo nelle ore precedenti e successive all’omicidio. Riguardo il periodo di permanenza nella struttura penitenziaria di Quartucciu, la Procura si è soffermata sugli episodi di “depistaggio”, di cui tanto si è parlato nel corso dei talk show televisivi. Le lettere in cui accusava dell’omicidio prima il meccanico di Patù Fausto Nicolì e poi il padre Biagio altro non erano che un tentativo di esonerarsi dalle proprie responsabilità.
La dr.ssa Carbonara, inoltre, ha sottolineato la “permeabilità” del giovane di Montesardo alle pressioni familiari.
Il pm, sulla scorta di quanto emerso dalla consulenza tecnica, ha poi fornito una precisa ricostruzione psicologica di Lucio, da cui emergerebbe la capacità di Lucio di agire in maniera lucida e l’assoluta volontarietà nel commettere l’omicidio.
La richiesta di condanna del pm, partiva da una pena base di anni 25, (tecnicamente, frutto del giudizio di equivalenza tra l’aggravante della premeditazione e l’attenuante della minore età) per il reato di omicidio volontario. A questa, si andava ad aggiungere, in continuazione, la pena di anni due per l’accusa di sopressione di cadavere e porto abusivo d’armi. Infine, nel giudizio abbreviato, va calcolato lo “sconto” di un terzo della pena.
Risponde anche di occultamento di cadavere Lucio perché dopo aver picchiato a mani nude e accoltellato la studentessa mentre gli urlava «cosa mi stai facendo?», l’ha ricoperta con alcune pietre prelevate da un muretto a secco. Mentre era ancora viva, come ha dimostrato l’autopsia. L’ha lasciata lì, nelle campagne di Castrignano del Capo, dove è stata trovata senza vita.
«Sono fiducioso» ha dichiarato papà Umberto che questa mattina si è ritrovato a guardare di nuovo in faccia l’assassino di sua figlia. «Non voglio l’ergastolo, né la pena di morte – ha dichiarato – mi bastano anche dieci anni in una cella»
Inoltre, la pubblica accusa ha contestato altri reati (non in continuazione ): le lesioni inferte a Noemi nel corso di un litigio precedente al giorno dell’omicidio; il danneggiamento dell’autovettura autovettura di una amica, durante un acceso d’ira del giovane e la ricettazione di un telefono cellulare.
Un altro anno e mezzo di carcere è stato chiesto per reati collaterali, confluiti nel procedimento. La pubblica accusa, infatti, ha contestato le lesioni inferte a Noemi nel corso di un litigio precedente al giorno dell’omicidio; il danneggiamento dell’autovettura autovettura di una amica, durante un acceso d’ira del giovane e la ricettazione di un telefono cellulare.
La messa alla prova chiesta anche questa mattina dall’avvocato Luigi Rella che difende il 18enne è stata respinta.
Si è conclusa così, la prima giornata del processo che, ricordiamolo, si sta svolgendo con rito abbreviato che garantisce lo sconto di un terzo della pena all’imputato in caso di condanna. Domani, sarà la volta dei difensori e dei legali di parte civile e il 4 ottobre, infine, dovrebbe essere emessa la sentenza.