Operazione “Contatto”, il Riesame dispone il carcere per due fratelli  Coluccia e Fiorito


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Il Riesame recepisce l’istanza della Procura e dispone il carcere per due fratelli Coluccia, ritenuti a capo dell’associazione mafiosa smantellata dopo l’operazione investigativa “Contatto”.

Le richieste del Pubblico Ministero

Il collegio (Presidente e relatore Silvio Piccinno, a latere Antonio Gatto), ha accolto quasi in toto l’Appello presentato dal pubblico ministero Roberta Licci che nei giorni scorsi aveva impugnato l’ordinanza di custodia cautelare del gip Edoardo D’Ambrosio, il quale aveva rigettato la richiesta di misura carceraria per i tre fratelli Coluccia. Disposto dunque l’arresto e la misura carceraria per: Antonio Coluccia, detto Bullo, 60enne; Michele Coluccia e Giuseppe Salvatore Fiorito, 51 anni di Cutrofiano (entrambi già detenuti in carcere). Rigettata l’istanza della Procura per Luigi Otello Coluccia, detto Gigetto, 71enne ( nch’egli comunque ristretto in una casa circondariale).

Le accuse

I quattro indagati rispondono di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nello specifico Luigi Coluccia, secondo la tesi della Procura, avrebbe “dettato unitamente a Michele e Antonio Coluccia, e nonostante lo stato di detenzione, le direttive in materia di ripartizione del territorio tra i referenti di zona, con particolare riferimento alle piazze di spaccio”.

Non solo poiché il pm Licci ritiene che avrebbe anche “beneficiato del sostentamento economico da parte degli affiliati…”; infine, sarebbe intervenuto direttamente, per il tramite dei cugini Gugliersi e unitamente a Giuseppe Fiorito per “la risoluzione dei conflitti insorti tra le articolazioni territoriali dell’associazione”. Invece, riguardo Antonio Coluccia, la Procura sostiene che “all’interno dell’associazione si attendeva la sua scarcerazione in previsione di una ristrutturazione verticistica, durante la quale sarebbero stati riassegnati ruoli e posizioni”.

Il gip D’Ambrosio afferma però “non si ritiene raggiunto uno standard di assoluta certezza (alla stregua dello specifico criterio di gravità indiziaria) in ordine alla responsabilità degli indagati per il reato di cui all’articolo 416 bis”. Invece, la figura di Michele Coluccia si incrocia nell’inchiesta “Contatto” con quella di Luciano Biagio Magnolo, ex assessore alle politiche sociali del Comune di Sogliano Cavour. Quest’ultimo è accusato dalla Procura “di versare somme di denaro per il sostentamento dei capi detenuti”. Risponde di “concorso esterno in associazione mafiosa” ed è stato raggiunto dalla misura degli arresti domiciliari ( confermata nei giorni scorsi dal Tribunale del Riesame). Durante l’interrogatorio di garanzia, Magnolo, assistito dagli avvocati Giuseppe e Michele Bonsegna, “ha negato sdegnosamente di aver mai fornito aiuti esterni al clan”. Inoltre, ha dichiarato di non conoscere i Coluccia.

Secondo la ricostruzione della Procura, inoltre, Vincenzo Cianci (elemento di spicco del clan) avrebbe schiaffeggiato il sodale Giuseppe Antonaci, reo di aver danneggiato un’autovettura di Magnolo, ritenuta “persona vicina al clan Coluccia”. Cianci giustificherebbe la punizione con la frase “è come se questo rimprovero fosse arrivato direttamente da Michelino (detenuto in carcere). Il gip ritiene però Michele Coluccia “non raggiunto da gravi indizi di colpevolezza” per tale episodio.

Gli indagati sono assistiti dagli avvocati Donato Sabetta, Francesco Vergine, Luigi Greco e Carlo Martina.

Sempre nella giornata odierna, il Tribunale del Riesame si sono discussi i ricorsi presentati dalla difesa per Salvatore Blago, 39enne ( il gip ha disposto il Carcere)  e Maurizio Maggio, 24enne ( ristretto agli arresti domiciliari)  entrambi  di Sogliano Cavour. I due imputati sono assistititi dall’avvocato Luigi Corvaglia che ha impugnato l’ordinanza del giudice D’Ambrosio.