“Doppio Gioco” su vendita slot machines. L’avvocato arrestato non risponde alle domande del gip


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Si avvale della facoltà di non rispondere, l’avvocato arrestato nelle scorse ore, nell’ambito dell’operazione “Doppio Gioco“.

L’interrogatorio di garanzia di Giovanni Francesco Rizzo, 58enne di Nardo, si è svolto dinanzi al gip Giovanni Gallo.

Assistito dall’avvocato Antonio La Scala, il legale neretino finito agli arresti domiciliari ha scelto di non rispondere alle domande del giudice. Il suo difensore dovrà prima visionare gli atti del fascicolo d’indagine, acquisiti in giornata.

Ha fatto scena muta dinanzi al giudice, anche il fratello Pantaleo Salvatore Rizzo 53 anni, di Nardò (ai domiciliari), difeso dagli avvocati Antonio La Scala e Biagio Palamà. Stesso discorso per la sorella Maria Teresa Rizzo, 55enne, anch’ella di Nardò (obbligo di dimora), assistita sempre da Antonio La Scala.

Ricordiamo che i tre fratelli sono stati raggiunti da un’ordinanza di misura cautelare, eseguita dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Lecce.

Risultano invece indagati a piede libero: A. C., 41 anni, di Sannicola; L. M., 44 anni, di Squinzano; C. N., 68 anni, di Galatone; V. P., 36 anni, di Nardò; O. R., 58 anni, di Squinzano; G. S., 55 anni, di Squinzano e R. Z., 44 anni, di Galatone.

L’inchiesta denominata “Doppio Gioco”, coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e condotta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce, ha smantellato una presunta organizzazione operante nel mercato del gaming e del gioco d’azzardo legale ed illegale nelle province di Lecce e Taranto, gestendo un vorticoso giro d’affari nel settore delle famigerate slot machines, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi, fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri.

Nello specifico, l’avvocato Giovanni Francesco Rizzo, secondo l’accusa, provvedeva alle operazioni di prelievo del denaro dai dispositivi illegali. Non solo, poiché gestiva i rapporti con i clienti, contrattando le condizioni del noleggio e garantiva loro consulenza ed assistenza legale, nei procedimenti penali che sorgevano a loro carico, a seguito dei sequestri, dando loro indicazioni per eludere i controlli e dissimulare l’illiceità dei dispositivi.

E poi, ritiene l’accusa, che gestisse il rapporto con un prestanome provvedendo a corrisponde regli (assieme ai fratelli) periodicamente somme di denaro in cambio della fittizia intestazione di un’impresa con la quale i fratelli Rizzo distribuivano dispostivi di gioco illegale.

Invece, il fratello Pantaleo Rizzo, gestiva i rapporti con i clienti con particolare riguardo al noleggio dei Totem e dei videopoker.

Infine, la sorella Maria Teresa Rizzo, si occupava del settore amministrativo e contabile di due società, coordinando in particolare i rapporti con le banche ed i prestanome.