Inchiesta Final Blow, i “contatti” di due agenti della Polizia Penitenziaria con uomini del clan


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Due agenti della Polizia Penitenziaria “compaiono” nell’inchiesta Final Blow.

Nell’informativa conclusiva della Questura di Lecce, depositata sul tavolo della Procura, vengono difatti, specificati i ruoli assunti dai due e i rapporti intercorsi con alcuni uomini del clan, smantellato nei giorni scorsi con 68 arresti.

Il primo caso

Alcune conversazioni intercettate svelano il ruolo di un Assistente Capo Coordinatore della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Lecce, che tramite messaggi su WhatsApp, aveva comunicato ad Emiliano Vergine, notizie attinenti la vita interna del carcere ed in particolare di detenuti della zona di Squinzano. E lo aveva informato di un scontro avvenuto in Sezione tra Gianpaolo Monaco inteso “Coda” e Paolo Guadadiello, quest’ultimo intervenuto in difesa di Marco Pepe. Dalla conversazione si capiva che l’Assistente, poteva essere utilizzato come tramite con i detenuti, e che aveva ricevuto in regalo da Alessio Fortunato un paio di scarpe del valore di 400 euro.

Uno stralcio dell’intercettazione

Vincenzo Stieppelli: “Vedi che questa mattina sono stato a casa di Emiliano con il telefono c’è… della Polizia Penitenziaria… gli ha fatto scrivere tutti i messaggi tutto so di dentro al carcere allora vedi che ‘Coda’ (da identificare in Giampaolo Monaco, ndr) si è litigato con Pepe ascolta tutti i messaggi dobbiamo vedere se Emiliano lo facciamo venire qua eh! Ha detto ormai nella sezione Paolo Guadadiello c’è ascolta sta facendo un macello l’altro giorno ha smerdato alla (incomprensibile) Tonio Pellegrino e Antonio e Roberto “Pecoraro’ (Roberto Napoletano, ndr) vedi che ‘pecoraro’ e Antonio ‘Perino’… se la stanno passando male proprio piangendo vanno tutto scritto. E continua, “c’era scritta una cosa dice che dopo che ‘Coda’ si è messo a gridare… dice che dice che tutti in Sezione hanno abbassato la testa e si sono chiusi nella cella compà”.

E afferma Vincenzo Stieppelli in un’altra conversazione: “C’è scritto tutto… stava prima Alessio mi ha fatto leggere tutto le scarpe gli ha comprato 400 euro di scarpe diglielo a Totti… ha detto tutto tutto ha detto se vuoi sapere qualcosa tutto tutto gli dice ha detto se serve qualcosa così gli mandate ho detto Emiliano.”

Il ruolo dell’altro agente

Nell’informativa finale, viene a galla il debito di gioco pari a 28.000 euro di un altro Agente della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Lecce.

Fabio Lanzillotto, in una intercettazione dice a Sebastiano Montefusco: “Prendi carta e una penna così chiamiamo questo me! Così lo facciamo venire dai! Ci fa l’assegno compà o l’assegno i soldi cosa cazzo vuole”. E Sebastiano Montefusco conversa al telefono con lui: “ehi! devi venire vieni un attimo nah! _(incomprensibile)_ Adesso non puoi venire perché?… va beh!… quando ci vediamo?… più tardi a che ora? E risponde… no… più tardi non ci sono… ci vediamo domani?

L’urgenza per il Lanzillotto ed il Montefusco di contattarlo per dirgli di rientrare con sollecitudine dei soldi dovuti quale debito di gioco, era dettata dal fatto che Giuseppe Marzano aveva la necessità di recuperare del denaro che avrebbe dovuto versare al gruppo leccese dei Salierno per rientrare a sua volta del debito per le forniture di droga.

Il nome di questo agente compare anche nell’elenco dei 142 indagati, stilato dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Lecce.