Perforò gli organi di una paziente? Condannata ex ginecologa di nota clinica leccese


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Avrebbe perforato gli organi di una paziente durante un'operazione chirurgica e per una ex ginecologa della Casa di Cura"Petrucciani" è arrivata una condanna a 2 anni per omicidio colposo, con sospensione della pena subordinata al pagamento di una provvisionale. Non solo, anche l'interdizione dalla professione medica per la durata della pena.
 
La sentenza è stata emessa dal giudice Silvia Minerva della prima sezione in composizione monocratica. Il figlio  Damiano ed il marito Domenico, difesi dagli avvocati Roberto e Luigi Rella si erano costituti parti civili. Il giudice ha disposto in loro favore, il risarcimento da liquidarsi in separata sede e una provvisionale di 163.990 euro ciascuno.
 
In precedenza, il pubblico ministero Paola Guglielmi ha invocato sempre una condanna a 2 anni per omicidio colposo, nei confronti della 60enne Anna Maria Guacci di Lecce. Al termine della propria requisitoria, il pm ha chiesto che la ginecologa fosse ritenuta colpevole del decesso di Emma Vergari. La vittima, una signora leccese, 50enne all'epoca dei fatti, morì il 27 ottobre del 2009 a distanza di nove mesi dal ricovero. La  donna si era recata presso la Casa di Cura "Petrucciani" per una "isteroscopia" (un'esame di routine generalmente praticato in day hospital), al fine di verificare la presenza di un piccolo polipo nell'utero.
 
Secondo l'accusa, il medico operò la donna attraverso la resezione di una parte dell'intestino, ma nell'effettuarlo, le avrebbe però perforato l'utero e l'intestino tenue causando una peritonite.
 
Successivamente, in seguito alla richiesta di un esame istologico, la ginecologa per imperizia derivante da insufficiente preparazione tecnico-anatomica, avrebbe descritto un polipo endometriale, mentre si trattava di strutture adiacenti alla tuba.  
 
Inoltre, in base a quanto sostenuto dal pm, il medico avrebbe omesso per negligenza di comunicare alla paziente, il giorno successivo all’errato intervento, l’assoluta necessità di sottoporsi urgentemente a un intervento chirurgico di laparoscopia, ciò, al fine di scongiurare le conseguenze della peritonite, causata dalla perforazione dell’utero. Non essendo ancora consapevole della "potenziale" gravità della situazione, la paziente si sarebbe rifiutata di sottoporsi all'operazione, cosicché l'intervento laparotomico sarebbe avvenuto con evidente ritardo, tale da spingere i medici, visto l’aggravarsi delle condizioni della donna, al trasferimento presso un'altra struttura.
 
Infatti, solo a cinque giorni di distanza dall'operazione, il medico decise di trasferire la donna presso l'ospedale "Cardinale Panico" di Tricase; qui i sanitari fecero il possibile per migliorare le condizioni di salute della paziente, ma purtroppo la signora finì per ben due volte in Rianimazione. Una volta dimessa e trascorsi nove mesi dall'operazione, la 50enne leccese è morta tra le mura della propria  abitazione.
 
Nel corso dell'istruttoria dibattimentale sono stati anche ascoltati, il consulente del pubblico ministero, il dottor Alberto Tortorella, il quale aveva eseguito l'autopsia.
L'imputata è difesa dall'avvocato Luigi Covella.
 

Fu proprio la signora Vergari a sporgere denuncia in seguito alle sue dimissioni dalla clinica e il sostituto procuratore Paola Gugliemi aprì un fascicolo d'indagine, per lesioni personali colpose; dopo il decesso della donna, l'accusa è stata riformulata in omicidio colposo. Secondo l’accusa l’imputata avrebbe, «per negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle regulae artis della professione medica», provocato la morte di Emma Vergari.