Processo di appello “Favori e Giustizia”, condanna a 10 anni per l’ex magistrato Emilio Arnesano


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Si conclude con un aumento di pena per Emilio Arnesano, il processo di secondo grado “Favori e Giustizia”. I giudici della Corte d’Appello (presidente Pasquale Materi) del Tribunale di Potenza, nel pomeriggio di oggi, hanno condannato l’ex magistrato a 10 anni di reclusione. Ricordiamo che, in primo grado, Arnesano rimediò una condanna a 9 anni e in una scorsa udienza la procuratrice generale Laura Triassi ha chiesto la conferma. L’imputato era presente in aula al momento della lettura del dispositivo.

I suoi legali, gli avvocati Luigi Covella e Luigi Corvaglia, hanno invece invocato l’assoluzione per tutti i reati, evidenziando l’insussistenza dell’ipotesi di corruzione, ma l’appello della difesa è stato rigettato.

Le motivazioni della sentenza di secondo grado si conosceranno entro i prossimi 90 giorni. E i legali presenteranno ricorso in Cassazione.

I giudici della Corte d’Appello, inoltre, hanno confermato la condanna ad 1 anno e 4 mesi, pena sospesa, per l’avvocatessa Manuela Carbone, difesa dal legale Antonio Savoia che aveva chiesto l’assoluzione.

Ricordiamo che nelle 123 pagine della sentenza di primo grado, il presidente Federico Sergi ricostruiva le varie fasi della delicata inchiesta, affermando: “Arnesano non è libero ed imparziale nell’attività di magistrato, perché è costantemente dedito a definire i fascicoli in modo da realizzare le aspettative dei suoi correi, a prescindere dal merito del procedimento”.

Secondo l’accusa poi, l’ex magistrato “vendeva l’esercizio della sua funzione giudiziaria in cambio di incontri sessuali e altri favori“. Il pm leccese avrebbe stretto un rapporto con l’avvocatessa e in diverse occasioni avrebbe pilotato i procedimenti giudiziari.

Invece, l’induzione alla corruzione riguardava l’interessamento al procedimento disciplinare a cui fu sottoposta nel 2018 l’avvocatessa Manuela Carbone.

Emilio Arnesano, secondo l’accusa, sarebbe stato protagonista anche di svariati episodi di corruzione a favore di “camici bianchi”, amici del dirigente medico Carlo Siciliano, tra cui Ottavio Narracci (da gennaio 2018 direttore generale dell’Asl), Giorgio Trianni (dirigente), Giuseppe Rollo (primario del reparto di ortopedia e traumatologia del Vito Fazzi). Tali accuse sono confluite nel processo con rito abbreviato al termine del quale è arrivata la condanna per Siciliano e Narracci (pendente in Appello) e l’assoluzione per Rollo. Trianni ha invece già patteggiato la pena.

In primo luogo si sarebbe trattato di favori a carattere economico, tra cui un’imbarcazione di 12 metri venduta da Siciliano ad Arnesano ad un prezzo di favore. Inoltre venivano preordinate delle battute di caccia in Basilicata, per compiacere il magistrato. Questo per far ottenere a Narracci l’assoluzione dall’accusa di peculato davanti al Tribunale di Lecce.

E poi vi era l’ipotesi accusatoria degli aiuti giudiziari ad un urologo, in cambio della fornitura di pastiglie di Viagra (Arnesano venne assolto in primo grado).