Irregolarità per i lavori relativi ad un appalto dell’acquedotto pugliese. Tre condanne e quattro proscioglimenti


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Si conclude con tre condanne e quattro proscioglimenti per prescrizione il processo sull’affidamento di lavori dell’acquedotto pugliese, ritenuti dalla Procura in odor di truffa e per il quale Acq risultava parte lesa.

Parliamo della sostituzione dei tronchi di fognatura nei comuni salentini di Presicce, Spongano, Specchia e Supersano, Depressa e Lucugnano (frazioni di Tricase), tra giugno del 2009 e quello del 2011.

I giudici della seconda sezione collegiale (presidente Pietro Baffa, a latere Luca Scuzzarella e Roberta Maggio), nella giornata di oggi, hanno inflitto 2 anni e 4 mesi di reclusione per frode nelle pubbliche forniture, peculato e falso (limitatamente ad alcune contestazioni, poiché le altre sono risultate prescritte) a Mauro Muya, 61 anni, di Lecce, nelle vesti di direttore dei lavori e del servizio di A.q.p. s.p.a/Macro Area Lecce, all’epoca dei fatti; Emanuele Rizzo, 48 anni di Monteroni, in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della ditta I.Cos. spa; Mario Capoccello, 54enne di San Pancrazio Salentino, nelle vesti di dipendente e ingegnere presso la ditta I.Cos. spa.

Inoltre, è stato disposto il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni. I tre imputati sono assistiti dagli avvocati Giancarlo Dei Lazzaretti, Francesca Conte, Vito Epifani e potranno fare ricorso in Appello.

Invece, è stato dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione in relazione a tutti i reati per Cosimo Damiano Anglano, 76 anni di Nardò, in qualità di dipendente A.q.p.; Antonio Gai, 47enne di Cavallino, ingegnere, già direttore operativo e responsabile della sicurezza cantieri Alessio Tundo, 43 anni di Seclì, in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della Tundo s.r.l.; Michele Tundo, 70 anni di Seclì, nelle vesti di proprietario e legale rappresentante della Tundo s.r.l. Sono difesi dagli avvocati Giampiero Geusa, Giuseppe e Michele Bonsegna, Massimo Muci.

In precedenza, si è tenuta la requisitoria del pm che ha invocato la pena a 4 anni di reclusione ciascuno per Muya, Rizzo e Capoccello.

Va detto che il Comune di Tricase si era costituito parte civile con l’avvocato Tony Indino.

La posizione di Vincenzo Arachi, già ispettore di Cantiere, 69 anni di Nardò è stata invece stralciata. Egli ha patteggiato la pena sotto i due anni (beneficiando della sospensione e della non menzione della condanna). È assistito dall’avvocato Lorenzo Rizzello.

Le accuse

L’inchiesta è stata coordinata dal pubblico ministero Antonio Negro. Gli accertamenti investigativi eseguiti nel giugno di quattro anni fa, sono stati condotti dai carabinieri del Norm di Lecce.

Gai, Rizzo, Capoccello, Alessio Tundo e Michele Tundo rispondevano di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, peculato, frode nelle pubbliche forniture, falso ideologico e materiale commesso da pubblico ufficiale.

Gli indagati erano inoltre accusati di non aver tenuto fede agli obblighi del contratto tra le ditte appaltatrici e sub-appaltatrici e l’Aqp, relativo alla sostituzione dei tronchi di fognatura.

La somma complessiva del raggiro si sarebbe aggirata intorno ai 134mila euro.

Muya e Rizzo poi rispondevano di falso ideologico e materiale, in relazione all’atto unico di collaudo tecnico amministrativo del 3 marzo 2011. Arachi e Muya, anche di tentata concussione. Sfruttando i rispettivi ruoli, avrebbero tentato di ottenere sia dal dipendente che dal legale rappresentante di un’altra ditta, la somma di mille euro per ciascun lavoro appaltato o da appaltare nel comune di Taurisano, per la riparazione di impianti idrici e fognanti. Ciò sarebbe avvenuto attraverso minacce di severi controlli di Aqp, ma anche con la promessa di affidare alla suddetta ditta, altri lavori.

Solo Muya era accusato anche di molestie sessuali per aver sempre nell’esercizio delle sue funzioni, toccato il sedere sotto la gonna al legale rappresentante di un’altra ditta, affinché, ritiene l’accusa, cedesse ad un suo ricatto. L’episodio si sarebbe verificato a Lecce, nel dicembre del 2010.

Anglano, infine, rispondeva di favoreggiamento personale per aver cercato di convincere con minacce velate il titolare della ditta (ricattato da Arachi e Muya), a ritrattare le accuse formalizzate davanti agli ufficiali di polizia giudiziaria.

Molte accuse, come detto, sono cadute al termine del processo.