Processo su uxoricidio di Taurisano. Ascoltata la vicina di casa


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Continua l’ascolto dei testimoni nel processo sull’omicidio, con oltre dieci coltellate, della 49enne Aneta Danelczyk, di origini polacche, avvenuto il pomeriggio del 16 marzo del 2024 a Taurisano. Sul banco degli imputati compare il presunto uxoricida, il 57enne Albano Galati.

Nella mattinata di oggi, davanti alla Corte di Assise di Lecce (presidente Pietro Baffa, a latere Luca Scuzzarella e giudici popolari), presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, è stato ascoltato anzitutto un figlio della donna. Il ragazzo è parte civile nel processo, assieme ad altri familiari, con l’avvocato Francesca Conte.

Il ragazzo rispondendo alle domande del pm Luigi Mastroniani, ha affermato: “Mi sono svegliato nel pomeriggio e mi è arrivata la chiamata di mio fratello e sono svenuto. A volte c’erano delle discussioni tra i miei genitori, ma non ho mai assistito ai litigi”. Poi, si è soffermato sul rapporto tra il padre e la madre, che erano in fase di separazione ed ha detto: “L’iniziativa di separarsi l’aveva presa papà”. Ed ha aggiunto: “Fino al giorno dell’omicidio è stato un buon padre”.

È stato sentito anche un altro figlio di Albano Galati. Rispondendo alle domande del pm ha detto: “Io ero fuori casa. Ho ricevuto la telefonata di mia sorella. Sono arrivato in casa della vicina e ho visto mia madre stesa per terra. I carabinieri erano già arrivati. Poi sono entrato nell’appartamento dove abitava mia madre con me e sono andato da mio fratello piccolo che giocava”. Ha poi raccontato, come già detto ai poliziotti, di aver visto i suoi genitori litigare e c’era anche il fratello piccolo. Ed ha aggiunto: “Dopo si erano tranquillizzati e stavano guardando insieme la televisione. Mio padre non viveva più in quella casa. Litigavano spesso e la mamma era sempre quella che subiva ed aveva paura”. Ed ha aggiunto: “Quando vivevamo in Svizzera, mio padre la picchiava, per gelosia e motivi economici, ma mia madre non aveva il coraggio di denunciare. Mia madre aveva anche problemi di deambulazione”. Ed ha inoltre riferito in aula: “A volte intervenivo in difesa di mia madre. Ma mio padre minacciava anche me. E picchiava anche mia sorella”.

È stata poi ascoltata la figlia. Rispondendo al pm, ha detto: “Erano due anni che non parlavo con lui…Io e mio fratello venivamo picchiati. Soprattutto, io essendo donna e la figlia più grande. Anche in Italia venivamo picchiati da mio padre”. Ed in lacrime ha detto: “Non potevo uscire di casa. Uscire con le amiche. Non potevo studiare anche se mi piaceva. Dovevo cucinare e fare i piatti”. E come già riferito ai poliziotti di Taurisano, ha affermato: “Il giorno prima dell’omicidio, era il mio compleanno ed avevo invitato mia madre e mio fratello. Quando siamo andati a prenderla, ha detto che quando lui aveva visto che si era truccata, aveva iniziato a minacciarla. Poi la sera abbiamo festeggiato e quando sono  tornata, dopo due giorni, lei mi ha raccontato che lui l’aveva violentata. Poi quando mi ha visto ..lui non sapeva che io stavo lì… è andato via. Ed il 16 marzoero al lavoro e ricevetti una telefonata dalla vicina di casa che mi disse: “Tuo padre ha ammazzato tua madre”. Ho subito chiamato mio fratello piccolo per sapere se stava bene”.

Ed ha continuato, dicendo in aula: “Lui era convinto che mia madre avesse un altro uomo”. La figlia ha aggiunto “Mio padre non accettava la relazione con il mio ragazzo”.

Sempre oggi, è stata sentita la vicina di casa della moglie, assistita dall’avvocato Roberto Bray, parte civile nel processo. Galati risponde anche di tentato omicidio, verso di lei. La testimone ha raccontato che lui costringeva la moglie a rapporti sessuali non consenzienti e la picchiava ed ha riferito in aula: ”Aveva paura e piangeva. Purtroppo non l’ho potuta aiutare. Ho saputo queste cose troppo tardi. E sentivo quando litigavano dalle urla”. Ed ha ricostruito in aula, visibilmente scossa, i concitati e drammatici momenti di quel giorno. “Lei mi chiamò verso le 15. Io stavo in campagna. Quando sono entrata da lei abbiamo preso il caffè e sono tornata a casa. Poco dopo ho visto arrivare lui ed aveva un aspetto strano. In due secondi ha fatto le scale. E ho sentito lei che gridava. Pensavo che la stesse picchiando. Poi ho visto lei verso la soglia di casa mia e lui l’ha colpita con il coltello. Sempre lui ci ha bloccate e io ho detto alle nipotine che stavano sul divano, di andare via. Ed ha continuato, dicendo. “Lui ha preso Aneta per il braccio e ha cominciato ad accoltellarla alla gola. Poi lei è caduta a terra e cercava di chiedermi aiuto. Io ho chiamato le forze dell’ordine”.

La teste ha aggiunto che in quei momenti concitati,  si è accorta solo in un secondo momento di avere il segno di una vistosa coltellata sotto l’ascella.

Nella scorsa udienza è stato ascoltato in aula, il medico legale Roberto Vaglio, il quale ha illustrato gli esiti dell’autopsia ed ha parlato di una decina di coltellate, sferrate dall’omicida, di cui una è risultata mortale, oltre ad un’altra serie di tagli, presenti sul corpo della vittima, come segni di difesa. Sono stati sentiti anche i poliziotti che si sono recati sulla scena del delitto.

Nell’udienza di ottobre, Galati ha rivolto un appello ai giudici, attraverso una lettera scritta di suo pugno, per chiedere il trasferimento dalla Casa Circondariale di Matera al carcere di Lecce.

Gli avvocati Luca Puce e Davide Micaletto, legali di Albano Galati, hanno depositato una missiva. In essa, l’imputato afferma: “Chiedo soltanto di essere trasferito nel carcere di Lecce, per potermi avvicinare ai miei avvocati ed ai miei familiari”.

In precedenza, Galati era stato nel carcere di Taranto per poco tempo, dopo l’aggressione subita, ad opera di altri detenuti.

Nella prossima udienza fissata per il 20 gennaio, continuerà l’ascolto dei testi del pm e verrà sentito Albano Galati, nelle vesti di imputato.

Il 57enne di Casarano venne rinviato a giudizio dal gup Alcide Maritati, al termine dell’udienza preliminare. In precedenza, la perizia psichiatrica disposta dal gip Giulia Proto attestò la capacità d’intendere e di volere, di stare in giudizio e dunque di affrontare processo.